Non è facile fare il Donald Trump senza essere Donald Trump. E il prezzo della disfatta può essere altissimo.

Da mesi il presidente brasiliano Jair Bolsonaro tenta di improvvisare un’imitazione politica della spavalderia con cui, agli inizi dell’epidemia del Covid19, la Casa Bianca ha trattato le notizie sul contagio. Ma non gli sta andando benissimo. Tanto che Donald Trump ha deciso questa settimana il divieto di entrare negli Stati uniti dal Brasile.

Negare l‘ esistenza della pandemia con piglio ideologico sovranista non è servito a Bolsonaro ad evitare lo schiaffo dal suo sovranista modello alla Casa Bianca. Prova che le alleanze ( reali o solo da una parte agognate) tra sovranisti chiacchieroni tendono per loro stessa natura a durar poco.

“Questa non è una pandemia, ma una nevrosi” ha assicurato Bolsonaro alla notizia dei primi morti europei da virus. “In Italia muoiono in tanti soltanto perché è un Paese di vecchietti. In ogni condominio italiano ci sono tanti vecchi quanti ne vedete nei palazzi di Copacabana, solo per questo laggiù muoiono” ha detto il presidente brasiliano. E via sparandole sempre più grosse.

Per alcune settimane gli è andata bene perché il virus è arrivato in Brasile in ritardo rispetto all’Europa. Poi, però, il contagio ha cominciato ad essere evidente anche se non da tutti gli ospedali brasiliani arrivano report attendibilissimi sulle cause dei decessi avvenuti tra i ricoverati. E anche se non si riesce a contare quelli che muoiono senza aver messo piede in ospedale. Ufficialmente i contagi sono per ora sotto i 400mila ( su 200 milioni di abitanti). La giovane età media dei brasiliani aiuta la resistenza generale al deterioramento delle condizioni di salute dei contagiati, ma le notizie sui morti sono difficili da cancellare e, soprattutto, l’effetto mediatico delle foto delle fosse comuni preparate in Amazzonia non è arginabile né con tweet presidenziali né con dirette tv minimizzanti.

Il timore che le cifre reali dell’epidemia siano molto più alte è tra i brasiliani assai diffuso. E l’atteggiamento di Bolsonaro in proposito è sembrato fuori luogo a molti. Nei sondaggi il gradimento dell’ex colonnello neofascista diventato presidente crolla a vista d’occhio. Sale invece quello dei governatori di San Paolo e di Rio de Janeiro che avvalendosi dei propri poteri hanno autonomamente decretato quarantene e politiche di isolamento anticontagio.

Bolsonaro come reagisce? Tenta di rafforzare la sua base sociale sicura. Fa regali politici e fa arrivare una pioggia di soldi sui gruppi più attivi tra i suoi elettori. Quindi in questi giorni ogni capriccio di capi di chiese evangeliche, ogni pressione di latifondisti, ogni richiesta di deforestatori professionisti e di lobby di produttori di armi sta trovando tappeti rossi al Planalto.

La deforestazione amazzonica prosegue a ritmi inediti. L’invio dell’esercito sul posto, con l’obiettivo formale di controllare gli incendi, è denunciato dai professionisti dell’Ibama, l’Istituto brasiliano per la difesa dell’ambiente, come un pericolosissimo mezzo per annientare la loro azione poiché sotto l’autorità dell’esercito (e quindi di Bolsonaro) devono stare tutti, compresi gli ambientalisti. Che ne saranno, dicono, annientati.

D’altra parte in questi giorni il video più cliccato del Brasile è quello perfidamente diffuso dal Tribunale supremo, che ha deciso di desecretarlo, in cui oltre a un Bolsonaro visibilmente alterato si ascolta il ministro dell’Ambiente raccomandare a Consiglio dei miistri di approfittare dell’attenzione mediatica tutta concentrata sull’epidemia per accelerare le deforestazioni. Anche per la lobby dei produttori di armi arriva solo musica dal Planalto. Ad aprile è stata revocata l’ordinanza per rafforzare il rastrellamento di armi e munizioni. Un decreto presidenziale moltiplica per 12 il numero massimo di munizioni che si possono acquistare legalmente. Per alcune armi il limite massimo è di 6000 all’anno.

Ma il regalo più sostanzioso è per la lobby evangelica, trasversale e potentissima in Brasile. Alle autorità fiscali sarebbe già arrivata, secondo un’inchiesta del giornale di San Paolo “Estadão”, la richiesta presidenziale di cancellare con un tratto di penna i debiti delle comunità evangeliche con il fisco. Almeno 160 milioni di euro. Bolsonaro è in difficoltà politica crescente. Il Tribunale supremo sta investigando sull’ingerenza che il presidente, secondo l’ormai ex ministro di giustizia Sergio Moro – l’ex giudice principale alleato di Bolsonaro diventato ora suo nemico politico - avrebbe avuto sulla Polizia federale nel tentativo di sotterrare indagine a carico di Bolsonaro e dei suoi potentissimi figli. Moro, prima di dimettersi, ha accusato il presidente di voler controllare la Polizia federale per bloccare indagini e per ottenere dossier riservati. Lo ha accusato anche di aver falsificato atti pubblici. Nel video desecretato dal Tribunale supremo, che riprende integralmente il Consiglio dei ministri del 22 aprile, si ascolta incredibilmente il presidente Bolsonaro confermare con abbondante turpiloquio, di fronte a ministri e parti sociali convocate alla bizzara riunione, che quelle pressioni le ha fatte, eccome. Su di lui pendono al molte diverse richieste di impeachment, per ora parcheggiate al Congresso e la minacciosissima denuncia penale fatta da Sergio Moro per reati federali su cui sta indagando il Tribunale supremo.