Volendo potrebbe esserci la possibilità che un agente penitenziario possa dotarsi di una telecamera per riprendere tutte le operazioni delicate che compie. Dalle perquisizioni, fronteggiare le rivolte o traduzioni di un detenuto. Una trasparenza che serve non solo a tutelare il detenuto, ma soprattutto l’agente stesso. Però tutto questo ha subito inspiegabilmente una battuta di arresto. Non di rado, com’è accaduto recentemente al carcere campano di Santa Maria Capua Vetere oppure all’indomani delle rivolte di marzo che hanno coinvolto numerosi penitenziari, emergono fuori notizie di presunti pestaggi da parte degli agenti penitenziari. Ma anche il contrario. Non sono poche le notizie di presunte aggressioni nei confronti degli agenti da parte dei detenuti. Tutto ciò rimane, di solito, nell’ombra e accade spesso che le videocamere di sorveglianza non riprendono gli avvenimenti per diversi fattori.

Ma una soluzione c’è. Nel 2018 sembrava che si fosse arrivato alla messa a punto del sistema di videosorveglianza in mobilità in dotazione al personale della Polizia penitenziaria, ma senza alcuna spiegazione c’è stato uno stop e dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non se n’è parlato più. Il perché non è dato saperlo. Eppure la misura aveva trovato il parere favorevole non solo di diverse sigle sindacali, ma anche dal Garante per la protezione dei dati personali dopo aver esaminato preliminarmente la documentazione trasmessa dal ministero della Giustizia e dal Dap nell’aprile del 2018. Ricordiamo che al Dap c’era ancora Santi Consolo. Poi con il cambio dei vertici tutto è finito nel dimenticatoio.

Le caratteristiche di questo sistema di video sorveglianza in dotazione degli agenti erano illustrate in una nota dell’ex Direttore generale del personale e delle risorse del Dap Pietro Buffa e, più in dettaglio, in un disciplinare denominato «Sistemi di videosorveglianza in mobilità “Scout” ed “Explor”» . Il sistema è composto dal ' sistema Scout' ( dispositivo veicolare) e dal ' sistema Explor' ( dispositivo personale), «allo scopo – scrive l’ex direttore generale del Dap di dotare il Corpo di Polizia Penitenziaria, di uno strumento funzionale a coadiuvare l ´ operatore nella documentazione delle attività Istituzionali individuate dal disciplinare ed in particolare, nelle attività attinenti l ´ ordine e sicurezza interna degli Istituti Penitenziari, la sicurezza delle traduzioni e la prevenzione\ repressione di reati in atto o consumati».

I terminali di videoripresa e registrazione sono costituiti, come accennato, dagli apparati “Scout” ed “Explor”. L’apparato “Scout” è un dispositivo veicolare che permette all’operatore di effettuare la videoripresa attraverso telecamere montate sul mezzo e di trasmettere i filmati, in tempo reale, alla Centrale Operativa competente per lo svolgimento del servizio. Il dispositivo è dotato di telecamera frontale, per la videoripresa delle immagini, e di una batteria integrata, ed è inoltre concepito per l’utilizzo portatile da parte dell’operatore. L’apparato “Explor “invece, è un dispositivo mobile in dotazione all’operatore di Polizia Penitenziaria, utilizzato come equipaggiamento personale, al fine di fornire all’operatore uno strumento di videoripresa funzionale alla documentazione delle attività svolte, in occasione di particolari circostanze operative.

Ogni dispositivo “Scout” ed “Explor” è identificabile attraverso un numero seriale. Gli apparati sono in grado di effettuare registrazioni audio/ video, che possono avvenire con due modalità: in modalità remoto - che rappresenta la modalità ordinaria di utilizzo - le tracce sono registrate temporaneamente su una memoria interna; in modalità streaming - modalità attivata dall’operatore in occasione di situazioni di possibile interesse dell’autorità giudiziaria o quando ricorrano motivi di ordine e sicurezza - le tracce sono trasmesse in tempo reale alle centrali operative. Come detto, l’impiego di questo sistema è previsto per alcune azioni particolari come, appunto, le attività relative alla tutela dell’ordine e della sicurezza all’interno degli Istituti penitenziari. Proprio quei momenti dove molto spesso scattano denunce. Ma tutto è rimasto fermo. Perché?