A poco meno di un anno di distanza dallo scandalo che investi' Luca Palamara e il Csm, è di nuovo bufera sulla giustizia. Nuove intercettazioni, nuove accuse, le dimissioni di intere aree dalla giunta dell'Anm, la protesta della Lega per le critiche espresse in una chat da alcuni giudici contro Matteo Salvini. Una situazione di caos e veleni che torna e che fa dire al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che "il terremoto che sta investendo la magistratura italiana impone una risposta tempestiva delle istituzioni". E il Guardasigilli ripropone la necessita' di una riforma del Csm. Una riforma chiesta nuovamente anche dal Pd, che per voce di Walter Verini ritiene "importante" la volonta' di Bonafede: "questo il Pd aveva chiesto per contribuire ad archiviare le degenerazioni correntizie che, come vediamo in queste ore, hanno investito la magistratura". La vicenda, ovviamente, viene seguita con attenzione anche dal Quirinale. Sergio Mattarella, in base alla Costituzione, presiede il Csm e gia' un anno fa tenne un durissimo discorso per chiedere, nel pieno dello scandalo: "Quel che e' emerso, da un'inchiesta in corso, ha disvelato un quadro sconcertante e inaccettabile". Nel suo intervento del 21 giugno, il Capo dello Stato incalzo' le toghe: "Oggi si volta pagina nella vita del Csm. La prima di un percorso di cui non ci si puo' nascondere difficolta' e fatica di impegno. Dimostrando la capacita' di reagire con fermezza contro ogni forma di degenerazione". Allora, e in pochi mesi, si dimisero cinque consiglieri sui 16 togati del Csm. A Mattarella giunsero diverse sollecitazioni a sciogliere l'organo di autogoverno delle toghe ma il Presidente fece capire che uno scioglimento avrebbe bloccato il processo di riforma, agevolato l'elezione di un nuovo Csm sempre con le vecchie regole (contestate da quasi tutto l'arco costituzionale) e bloccato i procedimenti disciplinari appena avviati. Situazione analoga a quella attuale, in realtà: lo scioglimento azzererebbe le azioni disciplinari in corso, la cui iniziativa, va ricordato, e' in capo al Guardasigillli e al Procuratore generale della Cassazione. Perché se l'ultima bufera è recente, i provvedimenti disciplinari, e in alcuni casi anche quelli giudiziari, sono invece gia' aperti proprio per le toghe finite nuovamente nella tempesta. E dunque solo la sopravvivenza dell'attuale Csm garantirebbe una loro conclusione. Lo scioglimento, poi, e' una extrema ratio prevista solo in caso il Csm sia impossibilitato a funzionare (per mancanza del numero legale dei componenti o, secondo alcuni costituzionalisti, per insanabili contrasti con altri poteri dello Stato), un evento talmente eccezionale da non essersi mai verificato dalla data della sua istituzione.