«Ho letto con attenzione, dopo la segnalazione di Salvini. Francamente non erano i magistrati che indagavano su Salvini e non siamo di fronte a una chat nella quale si valutano questioni di carattere politico generale». Comincia con questa premessa il ragionamento dell'ex ministro della Giustizia e attuale vice segretario del Pd Andrea Orlando che, intervistato a Radio Anch’io su Radio 1, torna sul tema delle chat delle toghe contro Salvini. Ma dopo una mezza assoluzione dei magistrati, Orlando aggiunge: «Non emerge uno spaccato particolarmente bello. Io credo che ci sia una seria riflessione da fare, e su questo sono d’accordo con Salvini, su come riformare il Consiglio superiore della magistratura, perché credo che sinceramente ci siano dei meccanismi che sono emersi che vanno affrontati».

Le chat dei magistrati contro Salvini sono diventate un caso politico: «Toghe contro di me? Con quale serenità verrò giudicato?», si è chiesto il leader della Lega, che dovrà rispondere in tribunale dell’accusa di sequestro di persona, quando, in qualità di ministro dell’Interno, impedì per più di tre giorni lo sbarco di 116 persone tratte in salvo nel Mediterraneo centrale dalla nave della Marina militare Gregoretti.

L’ex ministro tira in ballo il Presidente della Repubblica, che è anche capo del Csm, organo di autogoverno delle toghe. E tra i due, ieri, è intercorsa una telefonata, durante la quale Salvini preannunciandogli l’invio di una lettera - ha espresso il proprio stupore per le rivelazioni del quotidiano “La Verità” e la preoccupazione per la situazione economica e l’amarezza per i pesanti attacchi di alcuni parlamentari della maggioranza di governo nei confronti della Lombardia duramente colpita dalla tragedia del Covid- 19. «Le intercettazioni pubblicate documentano come l’astio nei miei riguardi travalichi in modo evidente una semplice antipatia. In tal senso è inequivocabile il tenore delle comunicazioni dei magistrati intercettate. Come noto, a ottobre inizierà l’udienza preliminare innanzi al Gup presso il Tribunale di Catania ove sono chiamato a rispondere dell’ipotesi di sequestro di persona per fatti compiuti nell’esercizio delle mie funzioni di ministro dell’Interno, in linea con l’azione di governo tesa al contrasto dell’immigrazione clandestina - scrive Salvini -.

Non so se i vari interlocutori facciano parte di correnti della magistratura o se abbiamo rapporti con i magistrati che mi giudicheranno, tuttavia è innegabile che la fiducia nei confronti della magistratura adesso vacilla».

Nelle chat tra magistrati, tirate fuori ancora una volta dagli atti depositati a Perugia sul caso che vede coinvolto l’ex presidente dell’Anm ed ex componente del Csm Luca Palamara, Paolo Auriemma, capo della Procura di Viterbo, esprime un giudizio tranchant sull’ex ministro.

«Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga.

E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento», chiedeva Auriemma. La risposta di Palamara arrivò quasi immediatamente: «Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo». Inoltre, in una chat tra Palamara e Bianca Ferramosca, componente della giunta esecutiva Anm, quest’ultima, nel novembre 2018, se la prende con i colleghi che hanno dato ragione a Salvini sull’allora dl Sicurezza, componenti di una cordata «pericolosissima».

A prendere le difese di Salvini anche il suo ormai storico nemico Nicola Morra, grillino a capo della Commissione Antimafia.

«Sono d’accordo con il senatore Salvini - ha detto intervenendo in aula, dopo l’informativa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte -, è assolutamente inammissibile, seppure in chat private, che magistrati giudichino un ministro come è stato giudicato. Un magistrato è sempre parte di un corpo terzo, c’è pur sempre una distinzione netta tra poteri».