Nacque a maggio di cinquanta anni fa lo Statuto dei lavoratori, in un Paese tormentato ma pieno di speranza, con le piazze ancora gremite, dopo una lunga stagione di lotte operaie per l'affermazione di diritti fondamentali, la tutela della persona, il rispetto della dignità del lavoro. Quei principi, sanciti dalla nostra Costituzione, costituiscono ancora oggi il caposaldo di una societa' libera e democratica. Cinquant’anni di Statuto: l’obiettivo resta legare il destino delle aziende ai lavoratori

Nacque a maggio di cinquanta anni fa lo Statuto dei lavoratori, in un paese tormentato ma pieno di speranza, con le piazze ancora gremite, dopo una lunga stagione di lotte operaie per l'affermazione di diritti fondamentali, la tutela della persona, il rispetto della dignità del lavoro. Quei principi, sanciti anche dalla nostra Costituzione, costituiscono ancora oggi il caposaldo di una societa' libera e democratica. La legge 300 fu indubbiamente una svolta per le relazioni industriali e la democrazia sindacale, una mediazione sostenibile tra le varie culture sindacali del nostro paese, ampiamente condivisa ed affidata ad un gruppo di riformisti come Giacomo Brodolini, Gino Giugni, Carlo Donat Cattin. Un percorso necessario di riforme del lavoro, condivise con il sindacato, come seppe indicare negli anni a seguire anche Massimo D’Antona, assassinato dalle Brigate Rosse esattamente il 20 maggio di ventuno anni fa. Oggi sappiamo che molte cose sono cambiate negli assetti economici e nel mondo produttivo. È emersa sempre più in questi anni l'esigenza di proteggere tutte le nuove forme di lavoro, soprattutto quelle piu’ flessibili ed atipiche, di combattere lo sfruttamento presente ancora in tanti settori economici, di garantire tutele ad ogni persona che lavora. Questa e’ oggi la nuova sfida. Offrire una vera sicurezza economica e professionale ai lavoratori per tutto l'arco della loro vita, non solo con la contrattazione nazionale, aziendale e territoriale, ma anche attraverso i servizi universali dei nostri enti e del nostro patronato. Un ruolo di tutela generale, di rappresentanza, di sintesi oggi ancora più necessaria ed indispensabile per affrontare la fase difficile e complessa di ricostruzione del paese. Dobbiamo estendere a coloro che ne sono sprovvisti i diritti e le garanzie dei contratti collettivi, cambiare il mondo della produzione in modo da rendere ogni luogo di lavoro piu' sicuro, piu' dignitoso, piu' democratico.

In tale prospettiva la professionalità, la formazione e l’accrescimento delle competenze sono la migliore risposta all’innovazione tecnologica ed ai mutamenti organizzativi. Da qui occorre ripartire nella nuova fase di rinascita del paese. Bisogna ridefinire con gli accordi anche il sistema di ammortizzatori sociali, il welfare, gli strumenti delle politiche attive per mettere tutti nelle condizioni di trovare una nuova occupazione. Ecco perche' non abbiamo bisogno di leggi, calate dall'alto, per regolare il mondo del lavoro ed estendere le tutele a chi oggi ne e' privo. Alla nuova Confindustria del Presidente Bonomi, ed alle altre associazioni imprenditoriali, abbiamo detto con chiarezza: cambiamo insieme le regole del lavoro, rendiamo le nostre imprese più sicure, più innovative, attraverso relazioni industriali più moderne, più partecipative, adeguate alla prova della necessaria competitività e della globalizzazione. Chiediamo e lavoriamo insieme al Governo per un grande “patto sociale” in modo da gestire uno dei tornanti piu’ difficili e piu’ drammatici delle nostra storia, cambiando il nostro modello di sviluppo. Oggi e' necessario un grande accordo di concertazione, come avvenne negli anni novanta, per ridisegnare l’economia a cominciare dagli investimenti nel Mezzogiorno, lo sblocco delle infrastutture, una vera sburocratizzazione, la sostenibilità ambientale, il riassetto del territorio, l'innovazione, la scuola, la ricerca, la diffusione della banda larga. Uno sforzo straordinario di partecipazione delle parti sociali ai processi innovativi. Bisogna promuovere lo sviluppo, uscire dalle logiche solo assistenziali, ricostruire un tessuto produttivo frammentato e sfibrato da anni di crisi e dalla mancanza di investimenti capaci di sostenere reti, occupazione e produzione, anche alla luce dei grandi cambiamenti tecnologici in atto. Dobbiamo, insomma , ripartire dalla centralita’ del lavoro e della persona. Ci fa piacere che anche la Cgil parli oggi di forme di partecipazione dei lavoratori, un tema ' fondativo' per la Cisl. In un momento in cui lo Stato giustamente si fa carico di sostenere la ricapitalizzazione delle imprese, con compensazioni a fondo perduto dei mancati ricavi, aiuti specifici per i settori piu’ colpiti, mobilitando ingenti risorse pubbliche, di tutti, il Governo si dovrebbe fare promotore di una legge di sostegno per allargare la ' governance' delle aziende ai rappresentanti dei lavoratori e degli altri stakeholders. Oggi abbiamo una occasione storica per introdurre nel nostro paese la democrazia economica , che e' la vera garanzia per difendere e favorire gli investimenti in Italia di tutte le imprese. La partecipazione e' la risposta lungimirante per stabilizzare un modello di gestione cooperativo. Discutiano di questo senza pregiudizi. Sarebbe il salto di qualità che già i nostri Padri della Costituzione avevano delineato per rendere più democratico il sistema economico, legare il destino delle aziende a quello dei lavoratori, finalizzare gli investimenti pubblici al bene comune del Paese.