Un grazie non formale, un grazie vero, al professor Paolo Armaroli, per quanto ha scritto sul Dubbio a proposito di Marco Pannella (Un anarchico con il senso dello Stato, 6 maggio). Anarchico, non saprei. Libertario e liberale certamente sì; e dunque radicale, a pieno titolo membro di quella tribù che Gaetano Salvemini definisce dei pazzi melanconici. Armaroli non si abbandona, come molti fanno, al bozzetto di colore; il suo nostalgico rimpianto coniuga lesperienza umana al riconoscimento politico alto del personaggio. Per questo grazie.Ho avuto modo di essere diretto testimone della simpatia e della considerazione che luno nutriva per laltro. Gennaio 2011: i radicali fiorentini ebbero lidea di presentare una mia biografia su Pannella; doveva essere una cosa per non più di cinquanta persone, tante si pensava di raccoglierne. Allultimo minuto, Pannella impegnato in uno sciopero della fame che poi diverrà anche della sete mi rimprovera bonariamente per non averlo invitato. Sei in digiuno, cerco di giustificarmi. No, la verità è che non mi vuoi tra i piedi. Sarriva a Firenze, nel frattempo gli organizzatori di prodigano a trovare una sala più grande, e a pubblicizzare ulteriormente levento, annunciando la presenza del diretto interessato. Non so come Armaroli viene a conoscenza della cosa, fatto è che si presenta nella sala. Ne nasce uno splendido duetto, un confronto (e un consenso) alto sul contingente, le sue cause e le possibili e probabili conseguenze, che giustamente offusca il libro stesso (comunque, grazie ai due, leditore ha la soddisfazione che tutte le copie portate sono vendute). Al di là dellintervento ufficiale, credo una manciata di minuti, quello che costituisce il pregio dellevento è costituito dal prima e dal dopo, purtroppo non registrato: lì si tocca con mano la confidenza, lamicizia, la reciproca considerazione.Non solo ad Armaroli, che ha colto e ben descritto il Pannella con alto e rispettoso profilo istituzionale, ma a tutti noi, propongo alcuni punti della riflessione e dellagire pannelliano che mi sembrano di straordinaria attualità.Penso ad alcuni momenti chiave, non completamente compresi (o forse sì: proprio perché se ne comprende portata e significato sono stati frettolosamente messi in soffitta). Marzo 1959. Il ventottenne Pannella affronta dalle colonne del Paese nientemeno che Palmiro Togliatti. Il migliore si fa latore di una proposta: unità delle forze laiche. Pannella, spalleggiato da Franco Roccella e da altri ragazzi che si sono formati alla palestra dellUnione Goliardica Italiana, oppone lunione laica delle forze. Non è un calembour semantico. Sono due linee politiche ben distinte, che presuppongono e lasciano intendere obiettivi e percorsi diversi, perfino opposti. Oggi non si pongono più questioni di egemonia come allora; ma la riflessione su unità e unione non ha perso nulla della sua pregnanza e attualità.Si pensi ora alla vista lunga di quando, negli anni 90, scrive quel Manifesto contro lo sterminio per fame nel mondo (la nuova shoah), poi sottoscritto da centinaia di premi Nobel: un documento politico unico nel suo genere, dove già si prefigura quello che accade oggi; e si offrono soluzioni e proposte operative concrete. Ancora non si profilava la tragica realtà di un domani che è quasi oggi: entro il 2050 saranno svariate decine di milioni di esseri umani che sotto la pressione dei cambiamenti climatici, la desertificazione, incalzati da fame e malattia, si riverseranno nel cosiddetto mondo civile. Le guerre che sempre più si combatteranno non attorno ai pozzi petroliferi, ma sulle rive dei grandi fiumi, in Asia, Africa, America Latina. Si pensi a quel: Per il diritto alla vita, per la vita al diritto; e a Dove cè strage di diritto cè strage di persone e popoli; e lo si raffronti a quanto accade tutti i giorni nel pianeta giustizia. Si pensi alla sua ultima grande battaglia politica: quella per il diritto umano e civile alla conoscenza: quanto mai attuale, in questi giorni di Coronavirus, stretti come siamo nella tenaglia delle omertà di un regime totalitario come la Cina e le fake news di un capace di ogni cosa che vuole a tutti i costi essere riconfermato alla Casa Bianca. E il 1975 quando il poeta Eugenio Montale, laureato proprio quellanno con il Nobel per la Letteratura, scrive sul Corriere della Sera: Dove il potere nega, in forme palesi, ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrej Sacharov e Marco Pannella, che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore. Il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi. Montale comprende perfettamente lulteriore salto di Pannella che fa tesoro delle esperienze dei Gandhi e dei Tolstoi, dei Capitini e dei Dolci; e le coniuga con altre: quelle dei Thoreau, dei Martin L.King, dei César Chavez e Bertrand Russell: il diritto; e opera così il salto, il passaggio ulteriore: nonviolenza che si accompagna al culto del diritto Armaroli è tra i pochi che, in occasione del novantesimo anno dalla nascita di Pannella, ne parla in termini politici: come penso lui avrebbe desiderato si facesse. Perché Pannella non lascia eredi, e nessuno può essere così arrogante, così presuntuoso, così imbecille da pensare e credere di esserne il continuatore. Però Pannella lascia un enorme patrimonio, culturale, ideale, politico; un giacimento che ancora da esplorare, dissodare, indagare. Questo credo sia il modo migliore per ricordarlo e se si vuole celebrarlo. Quello che credo chieda: che il testimone da lui raccolto dai Salvemini, dai Rossi, dai Pannunzio, dai Silone e dagli altri pazzi malinconici, sia a sua volta raccolto, custodito, valorizzato, tramandato; non se ne smarrisca memoria, si lavori nel solco tracciato con ulteriori semine. Che Paese è mai questo dove non cè una facoltà di scienze politiche, di legge che non senta lurgenza di dedicare un corso specifico al dire e al fare di Marco Pannella?