Ha raggiunto il successo tra gli adolescenti grazie ad un passaparola e un meccanismo di interazione sui social  e quando è sbarcato su Netflix nelle sue prime tre stagioni ha conquistato anche il pubblico più adulto. È Skam, serie teen tutta italiana seppur adattamento di un format di successo norvegese. Tra le grandi specialità della serie, quella di raccontare un gruppo di adolescenti, le tematiche caldissime di quell’età, mettendo a fuoco un solo personaggio per stagione, attraverso il quale percorrere un cammino. La quarta stagione, disponibile su Netflix e TimVision dal 15 maggio, si concentrerà, per una strana convergenza tra attualità e fiction, su Sana, una ragazza musulmana. A far diventare tanto italiana Skam, ci ha pensato il suo creatore, regista e showrunner per Cross Productions e TimVision, Ludovico Bessegato che alla vigilia dell’arrivo della quarta (e forse ultima secondo il format) stagione, racconta, in un incontro virtuale, l’impresa produttiva per arrivare a chiudere il cerchio : “È la ciliegina sulla torta di una stagione più complessa delle altre sotto tanti punti di vista” premette Bessegato “per cui abbiamo dovuto studiare molto di più perché l’argomento era molto meno conosciuto per me e non è stato sufficiente fare interviste con i ragazzi nelle scuole, che mi hanno permesso invece di preparare le precedenti stagioni”. Fondamentale per la scrittura del personaggio di Sana e le sue interazioni con amici e familiari è stata la consulenza con la sociologa e scrittrice  Sumaya Abdel Qader, presente alla conferenza virtuale a descrivere la sua esperienza di vita e da consulente. “Siamo ripartiti da dove avevamo lasciato Skam, una serie che aveva un pubblico consolidato” continua Bessegato. Che poi sottolinea: “Abbiamo cercato di dare una profondità in più parlando di un argomento complesso, pieno di sfumature che in Italia era sempre stato affrontato in modo laterale. Noi ci siamo presi la responsabilità di affrontarlo pienamente. Non vogliamo dare delle risposte ma vogliamo porre domande al pubblico, che si sta allargando sempre di più verso gli adulti“. Liberatorio il commento di Sumaya Abdel Qader su Skam Italia che inizia così la conversazione con la stampa: “La prima parola che vorrei condividere con voi è ‘finalmente’. Finalmente in Italia viviamo qualcosa di nuovo, importante e speciale ovvero un racconto che va oltre gli stereotipi della religione musulmana e tratta la vita normalissima di una ragazza musulmana, realtà che molti non conoscono”. La sociologa poi prosegue concentrandosi sulle donne e le ragazze come la protagonista, Sana: “Questo è un lavoro che ha voluto approfondire molti aspetti legati a cosa vuol dire essere musulmani in Italia e nello specifico essere donne musulmane in Italia. Non siamo abituati a vedere storie di vita quotidiana di giovani donne musulmane, in particolar modo di ragazze della cosiddetta seconda generazione, parola che spero venga modificata presto con quella di giovani italiani di fede musulmana. Io sono certa che questa stagione stimolerà le giovani generazioni a sentirsi parte reale e integrante di un contesto sociale che li riconosce in una rappresentazione reale e non stereotipata”. Conclude infine Abdel Qader: “Questa stagione non risponde a tutte le domande che uno si pone sui musulmani e l’Islam ma offre spunti di riflessione importanti per chi vorrà approfondire”. Chi, se non Beatrice Bruschi, l’attrice che interpreta Sana da tre stagioni, può descrivere e anticiparci il percorso del suo personaggio nella quarta stagione a lei dedicata? “Sana è una ragazza di seconda generazione, musulmana con una fede molto forte” inizia la Bruschi, “in questa quarta stagione vedremo molto più chiaramente  il conflitto che vive tra la scelta di avere una fede così forte e la volontà, il desiderio, di voler  partecipare alla vita sociale della scuola, avere amiche, andare alle feste o vivere anche una vita sentimentale“ prosegue l’attrice.La difficoltà che ha Sana, che accomuna un po’ tutti i ragazzi di seconda generazione, è quella di mettere a fuoco la propria identità e si sente incompresa perché se da una parte il fatto di essere musulmana non la fa capire dalle sue compagne di scuola, dall’altra, il fatto di voler andare alla feste, uscire con le sue compagne non la fa capire invece dalla famiglia e dalle sue amiche musulmane, che sono più conservatrici”. Conclude poi Beatrice Bruschi: “Sana si inizia a sentire incompresa e sola e, come tanti adolescenti, ha paura e tende a chiudersi, isolarsi e anche a comportarsi in maniera irrazionale. Una cosa molto importante per lei però è che tutti capiscano che il fatto di indossare il velo e di essere così religiosa sia una sua scelta, che non è assolutamente stata imposta da nessuno tanto meno dalla famiglia”. A recitare accanto a Beatrice Bruschi, nel ruolo del suo forse interesse amoroso, c’è Mehdi Meskar, attore poliglotta che in Francia è una star ma che in Italia conosceremo meglio proprio grazie a Skam Italia. L’attore descrive così il suo Malik: “È un giovane ragazzo italiano di origini marocchine, un personaggio che ho amato fin da subito, dalla prima lettura delle sceneggiatura. È sempre un piacere trovare un personaggio che abbia dei valori positivi di generosità, del saper vivere con gli altri. Malik è riuscito a trovare un equilibrio tra il poter portare i suoi valori e trovare il suo posto nella società ed è questo che incuriosisce Sana all’inizio e poi piano piano la farà forse innamorare”. Tra i grandissimi punti di forza ed eccellenza di Skam c’è quello di aver sempre dato spazio alla rappresentazione di ogni diversità come unicità, minoranza come occasione di conoscenza. Non a caso è una serie di riferimento anche per la comunità LGBTQI che si sente ben rappresentata senza clichè o stereotipi, stessa cosa si spera si potrà dire per quella musulmana in Italia. Sulla diversità Bessegato infatti dichiara: “E' una delle caratteristiche fondanti del progetto. Skam mette in luce una famosa citazione usata tanto tra i ragazzi: quando incontri una persona non sai mai che battaglia sta combattendo quindi sii gentile, sempre. Frase bella ma non sempre applicata nella vita ed abbiamo cercato di concretizzare questo principio. I personaggi delle 4 stagioni possono, superficialmente, a loro modo destare dubbi. Questo anche è il gioco della serie, incontrare dei personaggi verso i quali hai inizialmente pregiudizi negativi e poi dire: fai un viaggio di circa 10 episodi e poi vediamo se hai la stessa opinione alla fine. Quando entri nel mondo di una persona, hai meno voglia di giudicarla e più argomenti per capirla. Questo andrebbe fatto nei confronti sempre di tutto ciò che è diverso”. La storia di Sana, che ci aprirà le porte di un mondo, quello dei ragazzi e le ragazze di fede musulmana in Italia che conosciamo pochissimo, inevitabilmente ci pone di fronte a delle domande. Come si colloca l’Italia sul tema integrazione? Risponde Sumaya Abdel Qader: “Penso che ci sono più Italie. C’è un’Italia accogliente, impegnatissima sul piano dell'accoglienza, soprattutto per i bambini stranieri  e una politica invece che fa poco per adattarsi ai tempi. Poi c’è un'Italia dei nuovi italiani che vengono considerati ancora stranieri e gli si chiede se sono integrati. Grazie a questa serie finalmente vediamo qualcosa di nuovo e importante. Una narrazione che racconta cosa vuol dire essere musulmani in Italia e nello specifico essere donne musulmane”. A Sumaya rimane l’ultima sul  tema caldo del momento, appunto la liberazione di Silvia Romano e le polemiche circa il suo cambio di fede religiosa: “Si pone la questione della libertà di scelta, sia nei confronti di Silvia o di qualsiasi altra donna che fa delle scelte che secondo la maggioranza non sono le più corrette o adeguate” commenta la scrittrice che chiarisce: “Sana in Skam fa la scelta di portare il velo e di essere musulmana e di vivere la sua vita e fede cercando di trovare compromessi rispetto alla realtà che la circonda. Silvia dice di aver fatto una scelta. Chi siamo noi per giudicare se è vero o no? Se lo ha fatto liberamente o no?. Il dubbio è legittimo. Specialmente nelle condizioni di una ragazza che non era in vacanza alle Hawaii, ma rapita e in un contesto criminale”. Conclude Sumaya Abdel Qader: “Il problema è il passaggio dall’avere il dubbio al cominciare a costruire scenari, insulti e minacce e finire nell’intolleranza e nella violenza. Credo che In questo momento l’Italia avrebbe dovuto soltanto accogliere Silvia. Doveva essere il momento dell’accoglienza e non del giudizio”..