Alla fine il principio è passato: i professionisti sono lavoratori, come gli altri. E come gli altri meritano sostegno in una fase così drammatica. È stato ricordato più volte al tavolo tecnico virtuale riunito martedì dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo con i rappresentanti di tutte le categorie ordinistiche, tra i quali non è mancata la presidente del Cnf Maria Masi, con il Cup e la Rete delle professioni tecniche.

Un vertice i cui frutti ieri hanno cominciato a manifestarsi. Perché nelle bozze del decreto Maggio ha fatto capolino l’innalzamento da 300 a 800 milioni del limite di spesa del Fondo per il reddito di ultima istanza 2020, istituito dal Dl Cura Italia per sostenere gli “autonomi” che «in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività». Non solo. Perché a quanto ieri si è appreso, è in via di definizione un decreto interministeriale che specificherà quanta parte di quel fondo andrà assegnato alle professioni ordinistiche.

E le prime indicazioni si traducono in una cifra: 800 euro. Sarebbe l’importo di questa seconda mensilità del “bonus”, superiore dunque di un terzo rispetto alla prima, fissata a 600 euro. Non si esclude di poter individuare risorse sufficienti per raggiungere addirittura quota 1.000. Ma sul punto c’è un’incognita, che dovrà essere sempre il decreto interministeriale a sciogliere: in che modo verrà risolta la copertura per quei professionisti ancora in attesa del primo assegno. Si tratta di qualcosa come 121mila aventi diritto, per i quali andranno trovati altri 100 milioni, e che dovranno avere certamente la precedenza rispetto all’erogazione della seconda tranche. Solo tra gli avvocati, si tratta di qualcosa come 35mila aventi diritto, dotati di tutti i requisiti. Hanno avuto solo la sfortuna di collegarsi al portale di Cassa forense, che ha anticipato le somme dovute dallo Stato, quando il plafond effettivamente disponibile era già stato esaurito.

In ogni caso è indiscutibile il passo avanti compiuto tra la riunione di martedì e l’affinamento del decreto Maggio compiuto ieri. Anche se restano ombre. Rispetto per esempio al cumulo fra il reddito- bonus e i trattamenti previdenziali, che dovrebbe continuare a essere escluso anche per i casi in cui le somme incassate sono molto basse. La sola eccezione, secondo quanto riferito ieri dall’agenzia Adn- kronos, che per prima ha diffuso anticipazioni sulle misure per i professionisti, dovrebbe riguardare «l’assegno ordinario di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222», con cui invece il reddito di ultima istanza sarebbe, appunto, cumulabile.

Nel forum virtuale di due giorni fa, la ministra Catalfo è intervenuta insieme con il direttore generale per le Politiche previdenziali, Concetta Ferrari. Si sono trovate davanti a una vera e propria schiera di presidenti dei diversi Consigli nazionali, in rappresentanza di «2,3 milioni di professionisti italiani, pari al 12,6% del totale degli occupati», per i quali, come avverte la nota del Cup- Rpt, il governo dovrà d’ora in poi «garantire più attenzione». Catalfo ha definito, a propria volta, «molto importante e proficuo» l’incontro. «È stata l’occasione», ha detto, «per ribadire l’impegno del governo nei confronti dei professionisti iniziato con il decreto Cura Italia e che proseguirà con il provvedimento che sarà approvato nei prossimi giorni». La presidente del Cup Marina Calderone ha riconosciuto «la disponibilità» della ministra e aggiunto di confidare «nel recepimento delle nostre istanze» all’interno dell’imminente decreto.

Si è parlato anche dei meccanismi anticipatori da prevedere per i diversi enti previdenziali autonomi che, come Cassa forense, hanno materialmente erogato il primo bonus e che si sono visti imporre lo stop al versamento di somme ulteriori rispetto ai margini del plafond. Perciò il Dl Maggio potrebbe prevedere anche che le Casse «possano destinare somme eccedenti le percentuali finora consentite al sostegno dei loro iscritti, «così come era stato già indicato nelle bozze del Dl Cura Italia» salvo la sterzata finale che lo ha impedito. Ma è chiaro che la responsabilità dovrà essere in capo allo Stato. Che non potrà più considerare i professionisti come una cerchia di privilegiati persino ora che la crisi causata dal covid rischia di lasciarli in ginocchio.