Una grande mobilitazione in difesa del diritti umani e dell’indipendenza e libertà della professione di avvocato. Sono stati questi gli obiettivi alla base dell’iniziativa del Consiglio Nazionale Forense che, nella seduta del 17 gennaio scorso, ha proclamato, all’unanimità il 2020 “Anno dell’avvocato in pericolo nel mondo”.

La delibera è correlata all’impegno profuso negli ultimi anni a livello internazionale per promuovere il rispetto delle convenzioni in tema di giusto processo e condizioni della detenzione, da parte degli Stati che le hanno sottoscritte, soprattutto quando imputati e/ o detenuti sono avvocati e le accuse nei loro riguardi sono connesse all’esercizio della loro professione.

In molti Stati la situazione è tale che gli avvocati subiscono intimidazioni, violenze e ingiuste condanne solo perché “colpevoli” di difendere in autonomia ed indipendenza i diritti dei loro assistiti e l’esercizio del diritto di difesa viene impedito, accusando ed arrestando gli avvocati con le medesime accuse mosse ai loro clienti.

A livello globale la pandemia non ha certo fermato la repressione del dissenso e la persecuzione dei difensori dei diritti umani, e tra questi gli avvocati, negli Stati dove si registrano le violazioni più gravi dei diritti fondamentali e delle convenzioni internazionali fornendo in alcuni casi un comodo alibi per ulteriori giri di vite ai danno di chi si batte per la libertà e la democrazia.

L’emergenza sanitaria nelle carceri ha indotto il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura a raccomandare agli Stati membro, tra i quali la Turchia, di adottare tutte le misure necessarie per proteggere la salute dei detenuti e degli operatori penitenziari, con l’adozione di misure alternative alla detenzione e ridurre il sovraffollamento. Nonostante gli appelli delle Istituzioni internazionali e delle associazioni internazionali dell’avvocatura, tra le quali il CCBE e l’OIAD, il provvedimento di amnistia varato in Turchia ha escluso i detenuti politici, tra i quali più di seicento avvocati e poi giornalisti, magistrati, professori universitari, arbitrariamente arrestati o condannati a pesanti pene detentive.

Alcuni degli avvocati detenuti hanno fatto un lungo sciopero della fame per chiedere il rispetto delle regole dello stato di diritto, della libertà e della democrazia per tutti i cittadini turchi, ed il rispetto delle regole del giusto processo e la libertà per i detenuti politici. per essi hanno fatto nelle ultime settimane un lungo sciopero della fame, attualmente solo sospeso. Due di essi, invece, la collega Ebru Timtik, detenuta a Sliviri, ed il collega Aytac Unsal dal 5 aprile scorso ( giornata dell’avvocato in Turchia in occasione della quale il CNF ha curato la pubblicazione in lingua italiana del rapporto dell’associazione degli avvocati turchi in esilio Arrested lawyers initiative ) hanno deciso di proseguire nello sciopero della fame fino all’estremo sacrificio e si teme in questi giorni per la loro vita se le Autorità turche non ne disporranno la liberazione.

Per sostenere ancora una volta gli avvocati in Turchia che si battono per lo stato di diritto e la democrazia il CNF, segnalando la protesta dei due colleghi, ha chiesto che “il governo italiano intervenga, per via diplomatica presso il governo di Ankara, affinché gli avvocati e i prigionieri politici turchi, attualmente ancora ingiustamente detenuti, vengano immediatamente liberati” ed ha promosso per la libertà di Ebru e di Aytac la mobilitazione di tutti gli Ordini degli Avvocati italiani, che con le loro delibere pubblicate dal Dubbio hanno risposto in maniera massiccia. L’appello dagli avvocati italiani non può e non deve restare inascoltato.

* Coordinatore commissioni Diritti umani e Rapporti Internazionali del C. N. F. V. Presidente dell’Osservatorio Internazionale degli Avvocati in Pericolo ( OIAD).