Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede lo ha annunciato. D’intesa con il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, proporrà alcune misure volte ad affrontare la questione sollevata per prima da un articolo de L’Espresso relativa ai domiciliari per motivi di salute concessi a un uomo recluso al 41 bis. Parliamo del caso di Francesco Bonura, passato dal regime speciale alla detenzione domestica nei giorni scorsi proprio per le sue gravi condizioni. Un provvedimento della magistratura di sorveglianza limpido e motivato. Ma si è fatto leva sull’emotività e anche sull’ignoranza del tema per creare una valanga di polemiche. Il ministro Bonafede, per assecondare gli animi, ha promesso che farà di tutto per rendere più difficile la concessione dei domiciliari a chi attualmente si trova al 41 bis. Non importa sapere che i provvedimenti che hanno creato indignazione sono stati concessi per gravi motivi di salute. Per chi si è macchiato di reati mafiosi, il diritto alla salute diventerà un optional. Le norme, che potrebbero essere contenute in un prossimo decreto legge, dovrebbero limitare la discrezionalità del magistrato di sorveglianza. Ovvero che tutte le decisioni relative a istanze di scarcerazione di condannati per reati di mafia saranno sottoposte, per il via libera, sia alla Procura nazionale Antimafia e Antiterrorismo, sia alle singole Procure distrettuali Antimafia e Antiterrorismo. Tradotto, chi è al 41 bis o in alta sorveglianza difficilmente potrà ottenere un via libera da chi lo ha tratto in arresto. Vincolare la decisione del magistrato di sorveglianza vuol dire snaturare la sua terzietà. Infatti, per comprendere la discrezionalità del giudice di sorveglianza è opportuno soffermarsi sulla valenza della sua posizione di terzietà. Il giudice penale giudica un imputato e ha necessariamente una posizione di terzietà rispetto alla difesa e al pubblico ministero. Il giudice di sorveglianza è sicuramente terzo, in quanto giudice, però costituzionalmente la sua è una terzietà diversa da quella del giudice penale perché non è una terzietà di indifferenza, che impone al giudice di merito di non aver mai trattato il caso, al fine di escludere incompatibilità. Il possesso di elementi informativi in ordine al caso su cui si deve provvedere è invece fondamentale per il giudice di sorveglianza, che si avvale della conoscenza acquisita per formulare la decisione. Infatti, tra le informazioni ve ne sono talune, definite obbligatorie, la cui acquisizione è voluta dal legislatore e dalle quali non si può prescindere, come quelle da richiedere al Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, al Questore, alla Commissione centrale per la definizione ed applicazione dello speciale programma di protezione, ai centri di servizio sociale, oppure, da rendere, da parte del procuratore nazionale o distrettuale antimafia. Tali pronunciamenti, però, non possono essere vincolanti, altrimenti la terzietà svanisce. Il problema, di fondo, è che è inimmaginabile, per un governo, muoversi a seconda delle indignazioni del momento. Non si possono fare interventi normativi in base a degli articoli di giornale che hanno il potere di fuorviare e veicolare l’opinione pubblica. Altrimenti l’esercizio del potere esecutivo rischierebbe di diventare il terreno d’intervento privilegiato dei gruppi di pressione di ogni parte. La democrazia rischia di collassare e quindi di sostituirsi con la “dittatura della maggioranza”. Ed è così che lo Stato di Diritto muore e avanza sempre di più quello di Polizia.