«Non esiste un solo processo. E non c’è una soluzione magica, valida per tutto». Aldo Bottini, presidente di Agi, Avvocati giuslavoristi italiani, rappresenta un settore della professione forense che più di altri si sente spiazzato dai paradossi. Da tempo l’Agi chiede che «la dignità di noi giuslavoristi non sia più mortificata con l’esclusione dalle negoziazioni assistite, lasciate, persino in piena emergenza coronavirus, nelle sole mani dei sindacati». Ma Bottini segnala anche «la diversa posizione che noi giuslavoristi abbiamo rispetto al processo da remoto: si tratta, diversamente da quanto avviene per esempio in campo penale, di uno strumento che salvaguarda il principio di oralità, e se nei prossimi mesi non vi si facesse ricorso, in molte cause di lavoro l’avvocato resterebbe ai margini del processo».

Aspetti, presidente Bottini: intanto non c’è il rischio che le difficoltà della fase 2 vi scarichino addosso un’enorme mole di controversie fra imprese e lavoratori, viste le incognite sanitarie e logistiche?

Un rischio c’è ed è il seguente: che la riapertura delle attività determini nuove occasioni di contagio, e che se un dipendente si ammala intraprenda un’azione nei confronti del datore di lavoro. Ecco perché le imprese dovrebbero definire con grande attenzione i protocolli con le rappresentanze sindacali, a partire dal nuovo accordo nazionale che è stato concluso nelle ultime ore. È chiaro che noi avvocati, noi giuslavoristi in particolare, abbiamo una responsabilità notevole, perché saremo noi, di fatto, a orientare le parti nella definizione delle regole in ciascun contesto produttivo. Naturalmente l’emergenza richiede che tutte le aziende siano così responsabili da farsi assistere da

noi avvocati.

Una funzione anche preventiva rispetto a un nuovo possibile contenzioso.

Esatto. Non a caso noi Avvocati giuslavoristi riteniamo preziosissima la funzione che potremmo svolgere anche con la definizione di negoziazioni assistite non impugnabili. Ma pensi un po’: persino nel lockdown, con le sole sedi attualmente deputate, come quelle sindacali, inaccessibili, noi giuslavoristi siamo tenuti fuori dall’esercizio di tale funzione. Se in generale è un fatto lesivo della nostra dignità, adesso è addirittura scandaloso.

Come se pur di tenere per sé l’esclusiva, altri fossero disposti a veder abolite del tutto le negoziazioni assistite.

Io dico semplicemente che in questi giorni un lavoratore in attesa di chiudere l’accordo con la controparte e di ricevere soldi non ha potuto ottenerli perché il sindacato era chiuso e noi, per legge, non siamo in condizione di definire l’accordo. Nel tavolo giustamente convocato dal guardasigilli Bonafede il nodo negoziazioni è stato il primo che abbiamo sollevato. A breve il ministro ci incontrerà di nuovo in call conference per comunicare a noi, al Cnf, a tutte le altre rappresentanze forensi e all’Anm quali proposte sarà possibile recepire nei prossimi provvedimenti. Ha mostrato grande attenzione ai nostri argomenti e confidiamo possa mettere fine alla scandalosa discriminazione di cui noi giuslavoristi siamo vittime.

Cos’altro avete chiesto al guardasigilli?

Abbiamo segnalato una posizione specifica e diversa da quella, per esempio, dei penalisti, sul processo da remoto. Noi siamo favorevoli alle udienze svolte con tale modalità, e le spiego perché.

Prego.

Tutti riconoscono al diritto del lavoro una maggiore efficienza rispetto ad altri settori della giurisdizione. Ebbene, noi siamo convinti che l’efficacia dipenda anche dal sistematico ricorso agli strumenti dell’oralità, dell’immediatezza, della concentrazione, vale a dire alla possibilità di svolgere l’istruttoria in modo diretto. Ma se adesso le condizioni sanitarie non consentono di obbedire al principio di oralità nell’aula di tribunale, è possibile mettere in salvo tale virtuosa impostazione proprio attraverso la tecnologia. Il presidente dell’Unione nazionale Camere civili, Antonio de Notaristefani, ha giustamente ricordato che, riguardo al resto dell’attività civilistica, un ricorso estensivo all’udienza telematica sarebbe poco giustificato e tollerabile, giacché una parte del procedimento si svolge solo per iscritto, attraverso strumenti digitali, e nei casi in cui è necessaria la presenza fisica delle parti in udienza non ha senso rinunciarvi, se non con il loro consenso. Ma nel diritto del lavoro la necessità di guardarsi negli occhi in udienza si presenta in occasioni assai più frequenti, e se non ci fosse neppure la possibilità di farlo da remoto si rischierebbe di smaterializzare la funzione stessa di noi avvocati.

Perché parla addirittura di smaterializzazione dell’avvocato?

Basti un esempio. Nelle ultime ore un giudice di Milano mi ha comunicato di poter svolgere l’udienza da remoto, un giudice di Roma ha invece chiesto a noi difensori di limitarci a trasmettere conclusioni scritte per via telematica. Lungo una simile traiettoria rischia di affiorare la tentazione, per non dire la tendenza, di considerare l’avvocato un orpello, un fastidio da ridurre al minimo. E la rinuncia a una discussione, seppur da remoto, è il sistema perfetto per realizzare una simile compressione della funzione difensiva. Non solo: in giorni così difficili, se a noi Avvocati giuslavoristi venisse lasciata la possibilità di tenere, con il consenso di tutte le parti, le udienze da remoto, contribuiremmo a ridurre anche il cosiddetto assembramento nei palazzi di giustizia. E metteremmo in salvo quel principio di oralità che è irrinunciabile per assicurare una vera tutela dei diritti.