Nei giorni scorsi, il Segretario del PD Nicola Zingaretti ha rilevato che in aprile occorrerà fare un decreto per contrastare la burocrazia. Effettivamente, nell’ambito delle politiche di contrasto agli effetti del Coronavirus è riemerso con forza il peso della questione burocratica nella vita economica e sociale del Paese: dal problema dei ritardi nell’omologazione delle mascherine a quello delle complicazioni e dei ritardi dell’effettivo afflusso dei contributi economici ai beneficiari. Se allarghiamo la prospettiva, tra gli altri, un grande esperto della materia come Sabino Cassese ha rilevato che “occorre eliminare i procedimenti superflui, e insieme a questi, anche gli organi che non fanno altro che bloccare, come l’ANAC ( Autorità Nazionale Anti Corruzione ndr)”. Da tempo, il Paese e il sistema delle imprese e i cittadini soffrono, oltre che di una profonda pressione tributaria ( visto anche che la vera platea dei contribuenti è più ristretta di quanto dovrebbe essere) di una pesante pressione burocratica, fatta di una moltiplicazione e sovrapposizione nel tempo di norme, regolamenti, procedure, adempimenti. Ne consegue l’incertezza del diritto e dei diritti ( e pure dei doveri) e una sempre maggiore complicazione dell’attività soprattutto per le piccole e medie imprese sottoposte a vessazioni ed oneri quasi sempre non prevedibili. In tali condizioni, non è certo facile affrontare la seconda, e ancor più la terza fase, dell’uscita dall’emergenza Covid19, che richiede che le imprese possano riprendere l’attività con minori lacci e lacciuoli possibili. Ma quali possono essere le terapie per porre un freno ed abbassare la pressione burocratica?

1. In primo luogo, occorre porre in atto seri e mirati processi di deregolamentazione, non solo riducendo lo stock delle decine di migliaia di leggi vigenti, come pur si era iniziato a fare fino al Governo Berlusconi 2001- 2006 con la legge annuale di semplificazione, ma ponendo uno serio freno al trend della regolamentazione e uno stop al fenomeno delle leggi “a cascata”, che generano decine e a volte centinaia di decreti attuativi. La burocrazia italiana ha, infatti, molti limiti ma deve in qualche modo districarsi in mezzo alla matassa di leggi, decreti e regolamenti vigenti. Evidentemente, i nostri governanti di ieri né tantomeno di oggi, non hanno letto Montesquieu che ne “L’ èsprit des lois” scriveva “le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie”.

In secondo luogo, va ridata stabilità e dignità alla figura del dirigente pubblico che, spesso, ha i suoi limiti e nell’incertezza su quale decisione assumere decide di non decidere: quella che in un bel libro che porta questo titolo Francesco Delzio definisce “L’opzione zero” ( Rubbettino).

2. Il modo per tentare di responsabilizzare il dirigente pubblico è duplice: per un verso, abolire finalmente, lo spoils system all’italiana, quel malaugurato sistema delle spoglie introdotto dal Ministro Franco Bassanini nel 1996 e poi confermato dal successivo governo di centrodestra che ha sottoposto la preposizione dei dirigenti ai posti di direttore generale alla nomina dei ministri di riferimento, con una ferita al principio di imparzialità dell’amministrazione sancito dall’articolo 97 della Costituzione.

L’altro vulnus da sanare è la privatizzazione del rapporto di lavoro introdotta per la dirigenza pubblica qualche anno prima del 1998, che anch’essa ha contribuito a rendere precaria e dipendente dal ministro la posizione del dirigente pubblico, tant’è che le carriere che hanno mantenuto più autorevolezza ed efficienza sono quelle diplomatica e prefettizia che sono rimaste pubbliche.

Si potrà vedere così che se una volta tornati allo status di diritto pubblico e tolti dal turbinio dello spoils system i dirigenti pubblici saranno più portati ad assumersi in autonomia le responsabilità che ad essi competono.

3. L’altro punto, che è il più significativo al fine di liberare il sistema delle imprese ed anche i cittadini dalla pressione opprimente della burocrazia, ed esiziale per il buon esito della terza fase dell’emergenza che vive il Paese, è un abbassamento forte della pressione burocratica. A questo fine, credo che occorra mettere all’opera al più presto a cavallo tra il dipartimento della funzione pubblica e il ministero dello sviluppo economico, una task force di veri esperti, dotata di collegamenti presso ogni ministero con la missione di semplificare al massimo e, quando è possibile, prevedere forme di silenzio – assenso, o eliminare i procedimenti amministrativi che coinvolgono le imprese.

Sono solo alcuni spunti di proposta anche se sono consapevole che non siano solo questi i nodi della burocrazia e della pubblica amministrazione, che purtroppo solo pochi anni fa ad opera del Governo Renzi è stata oggetto di una riforma presentata dal premier fiorentino come una montagna ma che è stata poco più di una razionalizzazione.