«Francia e Germania sono come una vecchia coppia un po’ stanca e nei momenti di crisi la Francia si ricorda di avere una bellissima amante, l’Italia... Ma questo non deve illudere nessuno, alla fine la Francia ritorna sempre a casa e quando corteggia la sua amante lo fa per rilanciare la coppia». Marc Lazar, storico, sociologo e grande esperto di politica italiana non crede affatto che il conflitto tra Parigi e Berlino nato con l’emergenza globale del Coronavirus cambierà gli assetti e i rapporti di forza all’interno dell’Unione europea, nonostante gli eventi delle ultime settimane suggeriscano il contrario. Macron si è schierato apertamente con l’Italia, ha sostenuto i coronabond e la solidarietà verso gli Stati del sud, consumando una rottura con Berlino. È un fatto contingente o c’è una vera differenza di visione tra Francia e Germania? Credo che attualmente ci sia una profonda divergenza di visione, in particolare sulle soluzione di adottare di fronte alla crisi della pandemia. Questo ha favorito un’alleanza tra Parigi, Roma e Madrid. Si tratta di un distacco evidente che sta facendo scricchiolare l’asse franco-tedesco e ha un forte peso politico sugli equilibri politici europei. Però bisogna fare attenzione. Ossia? Le divergenze degli ultimi mesi non possono cancellare lo sfondo, storico e politico, su cui si è disegnato il sodalizio franco-tedesco che rimane un elemento centrale della politica europea. Molti si chiedono se l’intesa franco-italiana sia solamente passeggera o se potrà produrre nuove configurazioni, nuovi equilibri. Sarebbe in tal caso un rovesciamento totale della costruzione comunitaria ma io sinceramente non ci credo, anche se ammetto che stiamo affrontando una crisi inedita e di proporzioni epocali le cui conseguenze non sono calcolabili. Non parlo da osservatore ma da studioso della politica estera francese. Parigi ha però sempre manifestato una vocazione mediterranea, penso al discorso di insediamento di Sarkozy nel 2007 in cui ha evocato l’idea di un unione tra gli Stati del sud Europa e quelli del Nordafrica. Sicuramente la Francia coltiva interessi euro-mediterranei, quello di Sarkozy era un bel progetto sulla carta ma purtroppo è naufragato ancora prima di iniziare. Il problema è che quando Parigi guarda verso sud lo fa con l’idea di assumere un ruolo di leadership, una leadership che non vuole condividere con nessun altro Paese, con l’obiettivo di guidare i processi e di coltivare i propri interessi. Basti pensare a cosa è successo con la guerra in Libia e alle tensioni che ci sono state proprio con l’Italia. Questo a mio avviso è storicamente in grande limite della diplomazia francese. Che Europa uscirà fuori dalla pandemia? Questa crisi cambierà tutto, sia sul piano economico perché ci sarà una spaventosa recessione, sia sul piano sociale perché aumenterà la disoccupazione e le ineguaglianze. Ci sarà molta più povertà. Ma anche sul piano culturale e umano: francesi e italiani sono popoli abituati ad avere rapporti fondati sul contatto fisico, ora chissà per quanto tempo dovremo mantenere il distanziamento sociale, questo è davvero un cambiamento epocale. Proprio per questo l’Europa deve essere all’altezza delle sfida, deve assolutamente trovare risposte convincenti, altrimenti rischia, non dico di crollare, ma senza dubbio di diventare ancora più irrilevante di fronte agli Stati Uniti, alla Cina, ma anche alla Russia, all’India e al Brasile per citare le nazioni emergenti. Devo dire che le posizioni intransigenti di Germania e Olanda mi preoccupano molto perché stanno indebolendo l’Europa. Quali forze politiche trarranno vantaggio dalla pandemia? Ne approfitteranno i partiti populisti, specialmente quelli che sono all’opposizione e che hanno buon gioco, penso a Marine Le Pen in Francia e a Matteo Salvini in Italia. Gli elettori li premieranno anche di fronte ai loro scivoloni e alle loro incompetenze come, ad esempio, la folle e insensata idea di Salvini di aprire le chiese per i fedeli nonostante il Coronavirus. Quando saremo usciti fuori dall’emergenza immediata, quando gli ospedali inizieranno a respirare è sicuro che i populisti coglieranno la palla al balzo, accuseranno i governi di essere responsabili della morte di tante persone, l’epidemia alimenterà la redditizia retorica sulla chiusura delle frontiere e inoltre attaccheranno a testa bassa l’Europa, il loro bersaglio preferito. L’Italia, che lei ha studiato a fondo, è sempre stata un “laboratorio” politico, una specie di avanguardia che ha anticipato fenomeni che poi hanno influenzato tutto il Continente, dal fascismo alla Lega fino ai Cinque stelle. Che cosa ci riserva il futuro? Anche io ho sempre sostenuto che l’Italia non fosse un’anomalia come spesso viene descritta in Francia ma un vero e proprio laboratorio e quindi sarà molto interessante studiare quello che accadrà nel vostro Paese dopo la crisi. Secondo me ci sarà un’importante ricomposizione politica anche se non vedo un grande futuro per il presidente del consiglio Giuseppe Conte che oggi è molto popolare in virtù del suo ruolo istituzionale e del modo in cui sta gestendo l’emergenza, ma dietro di lui non ci sono né parlamentari né partiti. Il vero banco di prova saranno le prossime elezioni quando capiremo se la Lega riuscirà a vincere la sua scommessa.