Mi sono svegliato un po’più tardi del solito stamane e accucciato alla porta ho trovato un grosso cane lupo. Non ho mai avuto un cane, ma a mia figlia piacciono moltissimo e quindi l’ho fatto entrare in casa. Ho notato però che ce ne era un altro uguale davanti all’ingresso del vicino di casa e poi di seguito di fronte a tutte le altre abitazioni, uffici, chiese e negozi.

Solo allora l’ho riconosciuto : è il Leviatano. Hobbes è l’autore del momento. E’ lui a spiegare che quel bestione che minaccia di morderci è il nostro cane da guardia, la protezione contro la barbarie dello Stato di Natura, dove ognuno cerca la salvezza per conto suo a scapito degli altri. Lo Stato moderno nacque come emergenza; furono le guerre civili e le pestilenze a far capire che la vita di tutti, così esposta al rischio della morte e della miseria, doveva esser protetta anche a costo di rinunciare ai propri spazi di autonomia e che le truppe del Re potevano entrare anche nelle proprietà private.

Tutto il pensiero giuridico e politico successivo ha fatto i conti con il Leviatano e ha cercato di ritagliare faticosamente spazi di libertà, sulla base di una semplice constatazione: l’uomo non è una bestia e non vive solo biologicamente. E’ un animale sociale e si alimenta di scambi, contatti, interazioni che lo fanno essere pienamente razionale : uomo in una parola. Il ritorno dello Stato alla sua origine ( Al principio suo direbbe Machiavelli) è quindi necessario, ma inquietante. Siamo fuori dall’ordinario e anche dagli ultimi tre secoli.

Chi custodisce il Leviatano ? Non può certo essere il Presidente del Consiglio dei Ministri, che è espressione di una parte, per quanto maggioritaria ( almeno in teoria) del popolo.

Il custode del Leviatano è per Hobbes il Re. Solo il sovrano, espressione carnale dell’unità nazionale, l’unico detentore del potere supremo, che può, pur di salvare le vite, azzerare le libertà. I critici e gli eredi di Hobbes invidiarono nel Parlamento l’organo alternativo di espressione popolare legittimato a far rinascere gli spazi individuali : l’assemblea legislativa esprime infatti anch’essa lo Stato, ma non come tutto, ma come pluralità.

In quegli anni di dispotismo più o meno illuminato non esisteva il Premier : le Istituzioni liberali erano ancora troppo fragili per poter permettere una divisione del Parlamento nella lotta per l’affermazione del pluralismo. Il Parlamento doveva essere un laccio forte e unito per tenere a bada il Leviatano.

Se quindi siamo piombati, come in una macchina del tempo, indietro di tre secoli, è bene che il Presidente della Repubblica, “capo dello Stato rappresentate della unità nazionale”, nonché comandante delle Forze Armate, secondo l’art. 87 della Costituzione, assuma il controllo della situazione. La limitazione enorme di quasi tutte le libertà non può essere delegata all’espressione di una incerta maggioranza o peggio ancora lasciata in balia di Presidenti di Regione ( in Italia non esistono Governatori, a parte quello della Banca d’Italia) o peggio ancora di sindaci, autoproclamatisi sceriffi.

Il Presidente della Repubblica, espressione del Parlamento in seduta comune, risponde al popolo e deve tutelarne non solo la sopravvivenza biologica, ma anche l’ambito delle libertà repubblicane.

In una democrazia rappresentativa, che sarà anche imperfetta ma che è la forma meno peggiore delle altre, secondo il citatissimo ( a sproposito) Churchill, il popolo è rappresentato dal Parlamento. Il Presidente della Repubblica ha la facoltà di inviare messaggi alle Camere: quale tempo migliore di questo per farlo? Quale necessità più urgente che non lo Stato di emergenza per destare il Parlamento dal suo sonno e indossare se non l’Elmo di Scipio, almeno una mascherina? Se non altro per mettere una museruola al Leviatano.