Holman Correctional Facility di Atmore, Stato dell'Alabama, sud est degli Stati Uniti.Alle 21 (ora locale) di ieri un'iniezione letale ha messo fine alla vita di Nathaniel Woods, 43 anni. È il primo detenuto giustiziato quest'anno e la 67esima vittima da quando nel 1976 è stata reintrodotta la pena di morte in Alabama. Ma l'esecuzione di Woods è stata una di quelle che ha sollevato numerosi dubbi e che ha suscitato proteste fino alla mobilitazione di personaggi dello spettacolo molto noti come Kim Kardashian oppure di attivisti dei diritti umani come Martin Luther King III, il figlio maggiore del reverendo King, icona del movimento anti-razzista doltreoceano. Il caso risale al 2004, Woods fu condannato per l'omicidio di tre agenti, Charles Bennett Carlos "Curly" Owen e Harley Chisholm, avvenuto nel gennaio dello stesso anno. I poliziotti vennero uccisi con un fucile ad alto potenziale all'interno di una casa di Birmingham durante un controllo antidroga. Ma a sparare non fu Woods, bensì Kerry Spencer l'uomo che era insieme a lui. Una verità acclarata dalla stessa corte, lo stesso Spencer ha ammesso di aver sparato e ha scritto una lettera nell'estremo tentativo di salvare Woods: «Nathaniel Woods è innocente al 100%, lo so che è un dato di fatto perché sono la persona che ha sparato e ucciso tutti e tre gli agenti. Nathaniel Woods non merita nemmeno di essere incarcerato, tanto meno giustiziato». Nonostante l'evidenza dei fatti a Wodds è stata attribuita la colpa di aver attirato i poliziotti all'interno dell'edificio, una realtà non suffragata da prove incontrovertibili e non sufficiente per la condanna a morte. La morte di Woods dunque sembra essere un errore giudiziarioma purtroppo in Alabama (e solo in questo Stato) non è necessaria l'unanimità della giuria per emettere una sentenza capitale, in questo caso sono bastati 10 giurati su 12 per mettere fine alla vita dell'uomo. Per Robert Dunham, direttore esecutivo del Death Penalty Information Center, questa procedura «crea un rischio maggiore che una persona innocente venga condannata a morte». La tragica stortura che ha caratterizzato questo caso è stata aggravata ancora di più dal fatto che la Corte Suprema giovedì scorso ha dapprima emanato un ordine di stop temporaneo dell'esecuzione per poi negare la sospensione subito dopo. La governatrice dell'Alabama Kay Ivey non ha lasciato nessuno spazio alla clemenza, in una dichiarazione pubblica non ha fatto cenno a nessuno dei dubbi che hanno attraversato la vicenda dichiarando: «Negli ultimi 15 anni, la sua condanna è stata riesaminata almeno nove volte e nessun tribunale ha trovato alcun motivo per ribaltare la decisione della giuria». Ancora più glaciale la nota di Steve Marshall, procuratore generale dell'Alabama: «Stasera la giustizia è stata servita».