Ha vinto la continuità. Michele Prestipino è il nuovo capo della Procura di Roma, ha avuto la meglio su Francesco Lo Voi al ballottaggio: 14 voti a 8. A favore di Prestipino hanno votato i cinque togati di Area, i tre di Unicost, tre del gruppo di Autonomia &Indipendenza, la corrente di Piercamillo Davigo, i due laici del Movimento 5 Stelle, e il pg della Cassazione Giovanni Salvi. Lo Voi ha invece incassato le preferenze di Magistratura indipendente (tre voti), dei due laici in quota Forza Italia, di uno della Lega e di un grillino, oltre al voto del primo presidente della Cassazione, Giovanni Mammone. Ma niente da fare, alla fine è stata premiata la continuità con la precedente “gestione”, garantita dal facente funzioni. Non poteva che essere Prestipino l'erede predestinato, al fianco di Giuseppe Pignatone fin dagli anni Palermo, passando per la Procura di Reggio Calabria, per arrivare a sigillare il sodalizio investigativo nella Capitale. Insieme hanno portato a termine inchieste dal grande impatto mediatico, non sempre accompagnate dal “successo” processuale. Di Pignatone e Prestipino insieme si ricordano soprattutto due mega inchieste, destinate a fare giurisprudenza ma anche letteratura. “Crimine”, a Reggio, fu l'operazione che costrinse a riscrivere i manuali di storia della 'ndrangheta e a ridefinire la natura stessa dell'associazione calabrese. Da quel momento in poi contestare il 416 bis alle 'ndrine significa dover dimostrare l'appartenenza a un'organizzazione «verticistica» e «unitaria», sul modello palermitano. Ma è soprattutto la seconda operazione, “Mafia Capitale”, ad essere finita nell'immaginario collettivo come la grande guerra, persa, da Pignatone e Prestipino. Un flop giudiziario, smontato dalla Cassazione, che ha riconosciuto sì l'esistenza di organizzazioni criminali a Roma, ma non la loro natura mafiosa. Il grande teorema della «mafia autoctona» messa in piedi da Buzzi e Carminati si è sciolto come neve al sole. Eppure, il “mondo di mezzo” è stato fonte d'ispirazione di best seller, film e serie tv. La fiction ha tributato alla Procura quel riconoscimento titanico che le aule di Tribunale non sono riuscite a dimostrare. Ma un fallimento, anche epocale, può capitare nella carriera di chiunque. E Michele Prestipino, che prima d'oggi non aveva mai guidato una Procura (se si escludono i 10 mesi seguiti da facente funzione), ha sbaragliato la concorrenza titolatissima di Lo Voi con nettezza. Ha persino ottenuto l'endorsement di Piercamillo Davigo che nel maggio scorso aveva votato in Commissione a favore del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, in nome della «discontinuità», ritenuta necessaria nella Capitale, dopo l'era Pignatone. Poi lo scandalo Lotti-Palamara - e le conversazioni intercettate tra politica e magistratura per decidere le sorti degli uffici giudiziari di mezzo Paese date in pasto alla stampa ad arte – cambia le carte in tavola. Prestipino torna in corsa e convince l'anima conservatrice e quella progressista della magistratura a convergere su di lui, stracciando gli altri aspiranti procuratori: Giuseppe Creazzo e Francesco Lo Voi. Tutti e tre i candidati, inoltre, provengono da blasonate Direzioni distrettuali antimafia, come se per Roma non si potesse far domanda senza un'esperienza pregressa con le cosche. A Piazzale Clodio possono comunque tirare un sospiro di sollievo: l'eterna lotta alla successione è terminata. Prestipino guiderà l'ufficio giudiziario. E non si allontanerà troppo dal suo predecessore, nel frattempo nominato presidente del Tribunale Vaticano, l’organo di primo grado della giustizia vaticana, da Papa Francesco.