La Campagna LasciateCIEntrare e l’associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione ( Asgi) hanno espresso forte preoccupazione per le condizioni di vivibilità all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio ( Cpr) di Macomer ( Nuoro). Già a poche settimane dall’apertura del Centro ( un’ex carcere di massima sicurezza), avvenuta lo scorso 20 gennaio, le associazioni riportano come la situazione sia apparsa da subito grave e preoccupante, viste le segnalazioni ricevute e come testimoniano anche le importanti criticità evidenziate dall’avvocata e Presidente della Camera Penale di Oristano Rosaria Manconi: «La struttura, in sé, non garantisce il rispetto dei diritti dei “trattenuti”.

L’assenza di aree di socialità, il divieto di comunicazione con l’esterno attuato mediante il sequestro dei telefoni personali e la mancanza di strutture destinate alla, seppure momentanea, integrazione ( biblioteche e luoghi di lettura, impegno lavorativo, pratica di attività fisiche, per esemplificare) fanno ragionevolmente ritenere che l’ozio, la convivenza forzata e la promiscuità, la condizione di ghettizzazione unita alla mancanza di speranza ed alla prospettiva di una permanenza sine die, possano dare vita a situazioni di tensione difficilmente controllabili».

Eppure, secondo le associazioni, si tratta di criticità che accomunano le condizioni di tutti i CPR, ripetutamente segnalate dallo stesso Garante nazionale dei diritti delle persone private delle libertà nel corso delle attività di monitoraggio svolte e già oggetto di raccomandazioni al Ministero dell’Interno, ma fino ad ora sarebbero rimaste inascoltate. «Ci troviamo – denunciano LasciateCIEntrare ed ASGI - di fronte a prassi registrate e denunciate da circa un ventennio, da quando tali centri sono stati istituiti e la cui stessa esistenza rappresenta una vergogna, poiché luoghi di detenzione su base etnica, dove l’abuso è ordinario, così come la privazione dei diritti sanciti dalla stessa Costituzione che si reitera nel tempo nel silenzio delle istituzioni» I CPR sono strutture in cui le persone straniere senza un permesso di soggiorno sono private della libertà personale pur non avendo commesso alcun reato. «Rappresentano – denunciano le associazioni - una zona grigia del diritto e risulta sempre più difficile monitorare quanto accade al loro interno. Per questo devono essere chiusi».

Le associazioni chiedono perciò un accertamento delle condizioni in cui vengono trattenuti i migranti nel CPR di Macomer in seguito alle criticità raccolte e trasmesse anche al Garante Nazionale dei diritti delle persone private delle libertà, in quanto figura indipendente di garanzia dei diritti delle persone ristrette. Criticità segnalate anche dal coordinamento dei Garanti dell’isola che, anche per la mancanza di un Garante regionale, ha già espresso l’urgenza di accedere al CPR per evitare che il persistere di situazioni di violazioni di diritti o di abuso possano cristallizzarsi e degenerare. «Al di là delle azioni da attuare nell’immediato per la salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone trattenute – proseguono le associazioni nella denuncia le -, deve essere ribadita con forza l’inopportunità di mantenere attivi i Centri per il rimpatrio, simbolo di una politica migratoria repressiva e lesiva dei diritti delle persone».

Nel frattempo ancora una volta l’agenzia dell’unione europea per i diritti umani bacchetta l’Italia per quanto riguarda i centri di accoglienza per i migranti. In particolare, l’agenzia sottolinea – citando il progetto Melting pot Europa - la grave situazione nell’hotspot di Lampedusa, dove i minori non accompagnati condividono gli spazi con gli adulti. La mancanza di protezione per i minori – scrive l’Agenzia – fa aumentare il rischio di esclusione sociale, di sfruttamento lavorativo e sessuale. Parliamo del rapporto quadrimestrale pubblicato il 18 febbraio 2020 dall’Agenzia europea, che copre il periodo dal 1° ottobre al 31 dicembre 2019 e mostra una situazione indegna per l’Europa, con hotspot del tutto pieni e condizioni di vita atroci.

Ma non solo. L’agenzia europea è preoccupata visto che il nostro belpaese ha individuato 13 Paesi, rendendo così più difficile l’accoglimento delle istanze di protezione internazionale. Proprio l’Italia è al centro delle preoccupazioni dell’Agenzia europea per il rinnovo del Memorandum of Understanding con la Libia. Aumentano poi i casi di “hate speech” ( incitamento all’odio) in particolare in Germania, Grecia, Malta, Spagna e, ancora una volta, l’Italia.