Il “fatto insulare” esprime identità e specialità degli abitanti dell’isola, del loro modo di vivere e lavorare come, e non meno, gli abitanti del resto d’Italia
Con questo articolo il vicepresidente del Cnr, avvocato professor Frosini, comincia la sua collaborazione con il Dubbio.
L’isola
che non c’è, cantava Edoardo Bennato a inizi anni Ottanta. Vent’anni dopo, anche il legislatore costituzionale ne certificava l’inesistenza.
Con questo articolo l’avvocato professor Frosini, comincia la sua collaborazione con il Dubbio
L’isola che non c’è, cantava Edoardo Bennato a inizi anni Ottanta. Vent’anni dopo, anche il legislatore costituzionale certificava l’inesistenza delle isole, sopprimendo un comma dell’art. 119 della Costituzione che prevedeva contributi speciali per valorizzare il Mezzogiorno e le isole ( Sardegna e Sicilia, ma non solo). Si trattava di una norma di «diritto sociale territoriale» voluta dal costituente per tutelare e incentivare quelle aree del Paese svantaggiate economicamente per storia e per collocazione geografica. Lo “sbianchettamento” della Costituzione passò sotto silenzio nell’illusione, sbagliata, di avere così risolto, in un colpo solo, sia la “questione meridionale” che l’isolamento delle isole.
In luogo di una norma promozionale per il Mezzogiorno e le isole si introdusse una norma competitiva per un regionalismo differenziato, che oggi trova difficoltà applicative in virtù di una intrinseca criticità. Anche perché prima di provare a mettere in competizione le regioni fra loro, bisognerebbe quantomeno provare a portarle a un tendenziale punto paritario di partenza, per poi vedere qual è la più virtuosa. Certo, il Paese del regionalismo differenziato, e quindi la Spagna, ha riservato, in costituzione, un ruolo e una funzione strategica alle isole ( Baleari e Canarie, soprattutto). Le prevede esplicitamente in ben 4 articoli della costituzione ( artt. 141.4, 69.3, 138.1, 143.1), secondo una prospettiva che non è solo il riconoscimento morfologico del territorio circondato dalle acque ma piuttosto è la legittimazione costituzionale dello Hecho insular. Del “fatto insulare”, quindi: come identità e specialità degli abitanti dell’isola, del loro modo di vivere e lavorare come, e non meno, gli abitanti della penisola. In modo cioè che sia assicurata loro la libera circolazione dei beni, dei trasporti e delle persone e che siano incentivati l’esercizio dei loro diritti economici. In misura ridotta, anche il Portogallo riconosce in costituzione la specificità delle sue isole ( Madeira e Azzorre). In maniera forte e chiara, poi, è il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che, nel volere ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle regioni, rivolge un’attenzione speciale alle regioni insulari ( p. es. l’art. 174).
E poi declina questa attenzione in altri articoli del Trattato, valorizzando la cd. ultraperificità nel rispetto delle pari opportunità fra territori regionali. L’Europa e gli Stati europei codificano costituzionalmente isole e insularità. L’Italia, prima di tutte a farlo nel 1947, ha poi abbandonato questa prospettiva di valorizzazione costituzionale, lasciando le isole al loro insolito destino. Per questo, e non solo, va rivolta un’attenzione speciale alla proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, depositata in Senato e prossima a essere discussa in Commissione, di inserire un quinto comma all’art. 119 della Costituzione: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettività parità ed un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili». L’approvazione di una siffatta norma determinerebbe un effetto assai rilevante, e cioè tutte quelle leggi in contrasto o in violazione con la concezione di insularità, e la sua derivazione costituzionale, potrebbero essere dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
C’è di più: una siffatta norma avrebbe lo scopo di sensibilizzare il legislatore ad assumere comportamenti e scelte legislative virtuose, e quindi norme promozionali per lo sviluppo strutturale delle isole e per la specialità insulare. Come “fatto insulare”, e quindi identitario: isolani, infatti, è una maniera di essere di alcuni milioni di abitanti, che non possono né devono essere isolati. Sia data loro piena dignità costituzionale, affidando poi alla repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini.
Un errore cancellare l’insularità
Con questo articolo il vicepresidente del Cnr, avvocato professor Frosini, comincia la sua collaborazione con il Dubbio.
L’isola
che non c’è, cantava Edoardo Bennato a inizi anni Ottanta. Vent’anni dopo, anche il legislatore costituzionale ne certificava l’inesistenza.
Con questo articolo l’avvocato professor Frosini, comincia la sua collaborazione con il Dubbio
L’isola che non c’è, cantava Edoardo Bennato a inizi anni Ottanta. Vent’anni dopo, anche il legislatore costituzionale certificava l’inesistenza delle isole, sopprimendo un comma dell’art. 119 della Costituzione che prevedeva contributi speciali per valorizzare il Mezzogiorno e le isole ( Sardegna e Sicilia, ma non solo). Si trattava di una norma di «diritto sociale territoriale» voluta dal costituente per tutelare e incentivare quelle aree del Paese svantaggiate economicamente per storia e per collocazione geografica. Lo “sbianchettamento” della Costituzione passò sotto silenzio nell’illusione, sbagliata, di avere così risolto, in un colpo solo, sia la “questione meridionale” che l’isolamento delle isole.
In luogo di una norma promozionale per il Mezzogiorno e le isole si introdusse una norma competitiva per un regionalismo differenziato, che oggi trova difficoltà applicative in virtù di una intrinseca criticità. Anche perché prima di provare a mettere in competizione le regioni fra loro, bisognerebbe quantomeno provare a portarle a un tendenziale punto paritario di partenza, per poi vedere qual è la più virtuosa. Certo, il Paese del regionalismo differenziato, e quindi la Spagna, ha riservato, in costituzione, un ruolo e una funzione strategica alle isole ( Baleari e Canarie, soprattutto). Le prevede esplicitamente in ben 4 articoli della costituzione ( artt. 141.4, 69.3, 138.1, 143.1), secondo una prospettiva che non è solo il riconoscimento morfologico del territorio circondato dalle acque ma piuttosto è la legittimazione costituzionale dello Hecho insular. Del “fatto insulare”, quindi: come identità e specialità degli abitanti dell’isola, del loro modo di vivere e lavorare come, e non meno, gli abitanti della penisola. In modo cioè che sia assicurata loro la libera circolazione dei beni, dei trasporti e delle persone e che siano incentivati l’esercizio dei loro diritti economici. In misura ridotta, anche il Portogallo riconosce in costituzione la specificità delle sue isole ( Madeira e Azzorre). In maniera forte e chiara, poi, è il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che, nel volere ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle regioni, rivolge un’attenzione speciale alle regioni insulari ( p. es. l’art. 174).
E poi declina questa attenzione in altri articoli del Trattato, valorizzando la cd. ultraperificità nel rispetto delle pari opportunità fra territori regionali. L’Europa e gli Stati europei codificano costituzionalmente isole e insularità. L’Italia, prima di tutte a farlo nel 1947, ha poi abbandonato questa prospettiva di valorizzazione costituzionale, lasciando le isole al loro insolito destino. Per questo, e non solo, va rivolta un’attenzione speciale alla proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, depositata in Senato e prossima a essere discussa in Commissione, di inserire un quinto comma all’art. 119 della Costituzione: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettività parità ed un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili». L’approvazione di una siffatta norma determinerebbe un effetto assai rilevante, e cioè tutte quelle leggi in contrasto o in violazione con la concezione di insularità, e la sua derivazione costituzionale, potrebbero essere dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
C’è di più: una siffatta norma avrebbe lo scopo di sensibilizzare il legislatore ad assumere comportamenti e scelte legislative virtuose, e quindi norme promozionali per lo sviluppo strutturale delle isole e per la specialità insulare. Come “fatto insulare”, e quindi identitario: isolani, infatti, è una maniera di essere di alcuni milioni di abitanti, che non possono né devono essere isolati. Sia data loro piena dignità costituzionale, affidando poi alla repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini.
* Vicepresidente del CNR
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