Nell’arco di un anno il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha promosso due azioni disciplinari nei confronti di altrettanti magistrati che con funzioni diverse sono intervenuti nel processo a carico di Antonio Ciontoli e famiglia, accusati di omicidio per la morte di Marco Vannini. La storia è nota, anche perché ha ricevuto un interesse mediatico molto grande: tra il 17 e il 18 maggio 2015, Marco Vannini, di soli 20 anni, muore dopo essere stato ferito accidentalmente da un colpo di pistola nella casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli. A sparare fu Antonio Ciontoli, sottoufficiale di Marina e padre della ragazza. Come emergerà dagli atti, il giovane si sarebbe potuto salvare ma la famiglia Ciontoli tarderà per più di una ora a chiamare i soccorsi. In primo grado Ciontoli è stato condannato a 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale e la famiglia – la moglie Maria Pezzillo, Martina e il fratello Federico – a 3 anni per omicidio colposo. In appello pena ridotta per lui a 5 anni perché il reato è stato derubricato in omicidio colposo con l’aggravante colpa cosciente. Pochi giorni fa la Cassazione ha deciso che il processo d’appello va rifatto, le motivazioni tra 30 giorni. Qualche giorno fa Le Iene hanno reso noto che Bonafede avrebbe promosso una azione disciplinare nei confronti di Alessandra D’Amore, la pm che ha condotto le prime indagini sull’omicidio di Marco Vannini. La pm potrebbe aver violato i doveri di diligenza e laboriosità creando un ingiusto danno ai genitori del ragazzo morto a 20 anni. Al magistrato verrebbe contestato di aver svolto in maniera superficiale l’inchiesta, non mettendo sotto sequestro la casa dei Ciontoli e non raccogliendo importanti testimonianze, che invece sarebbero state portate alla luce dalla trasmissione di intrattenimento di Italia1. Il magistrato avrebbe già chiesto di essere ascoltato e la richiesta potrebbe essere accolta nei prossimi giorni.Un anno fa era stato il turno del presidente della giuria di appello, Andrea Calabria, che aveva prefigurato alla madre della vittima il rischio di un “giro a Perugia”, ossia una denuncia per oltraggio alla Corte,  qualora avesse continuato a urlare “vergogna” di fronte alla lettura della sentenza che aveva ridotto la condanna per Ciontoli. Dopo la sentenza di appello tanto criticata, il Ministro aveva voluto incontrare a via Arenula i genitori e i cugini di Marco Vannini “per esprimere la mia vicinanza di fronte alla tragedia che ha sconvolto la loro vita”. Il Guardasigilli non è l’unico ad essere intervenuto nella vicenda. L’ex Ministro Salvini aveva definito sui social "vergognosa" la sentenza di appello e dieci giorni fa nell’aula di Cassazione seduta in prima fila accanto ai parenti del giovane Vannini c’era l’ex Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che quando era in carica aveva assicurato che Ciontoli non sarebbe mai stato reintegrato. La domanda sorge spontanea: quanta serenità avranno i giudici di appello chiamati a pronunciarsi tra qualche mese nuovamente sul caso?