Dopo quasi dodici ore di interrogatorio, i cinque operai indagati dalla procura di Lodi per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo e lesioni multiple hanno respinto le accuse. Tutti hanno provato a chiarire i dettagli del lavoro svolto la notte prima del disastro lungo i binari dell'alta velocità. Nessuno dei cinque operai - un caposquadra e quattro dipendenti Rfi -  però sa spiegare perché il deviatoio fosse in una posizione sbagliata. Ascoltati dagli inquirenti negli uffici della Polfer di Piacenza, agli indagati, assistiti dagli avvocati Armando D'Apote e Fabio Cagnola, è stato chiesto di ricostruire con precisione tutte le operazioni tecniche fatte la notte dell'incidente e di ricostruire la catena di comando che ha portato a comunicare alla centrale di Bologna lo stato dello scambio, considerato il "punto zero" dell'impatto, su cui hanno smesso di lavorare circa un'ora prima dell'incidente. Le attenzioni degli inquirenti sono concentrate sullo scambio lasciato "dritto" - così come già sostenuto dagli indagati quando sono stati sentiti come testimoni - dopo non essere riusciti a risolvere il guasto. È il dettaglio che potrebbe aver causato il disastro ferroviario in cui hanno perso la vita due macchinisti . Perché è stata proprio l'attività di manutenzione svolta «in modo non adeguato» a far scattare l'iscrizione nel registro degli indagati, considerato dalla procura di Lodi un «atto necessario per lo svolgimento, in forma garantita, degli accertamenti tecnici irripetibili» in primis della funzionalità dello scambio e dei dispositivi collegati. Gli accertamenti tecnici, insieme alla ricostruzione della catena di comando, potrebbero portare a nuovi iscritti nel registro degli indagati. Intanto continuano i lavori per preparare il cantiere e far arrivare i mezzi che serviranno a spostare le carrozze del Frecciarossa deragliato. Saranno necessari ancora diversi giorni, nessuno si sbilancia dando una data precisa, perché la tratta ferroviaria interessata dall'incidente possa essere riaperta