Tutto da rifare per l’omicidio di Marco Vannini: la prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Maria Stefania Tomassi, ha disposto l’appello bis per Antonio Ciontoli e la sua famiglia. Gli ermellini hanno accolto i ricorsi della Procura Generale e delle parti civili, che avevano contestato la ricostruzione del fatto in termini di omicidio colposo, anziché doloso. La sentenza della Corte di assise di appello di Roma sulla morte di Vannini è stata dunque annullata ed è stato disposto il rinvio per un nuovo giudizio. La Cassazione, si legge in una nota, «ha ritenuto allo stato assorbite le censure mosse alla sentenza dagli imputati Federico e Martina Ciontoli e Maria Pezzillo, mentre ha rigettato il ricorso di Antonio Ciontoli, che censurava il riconoscimento dell'aggravante della previsione dell'evento morte e l'eccessività della pena irrogata».

Dopo la lettura i parenti e i sostenitori di Marco Vannini hanno applaudito questa volta positivamente i giudici e hanno urlato contro gli avvocati difensori di Antonio Ciontoli, i legali Andrea Miroli, Pietro Messina e Domenico Ciruzzi: «Buon rientro a casa, oggi non ridete, andranno in carcere sicuramente». Sono dovute intervenire le forze dell’ordine per sgomberare l’aula e i corridoi della Cassazione.

La madre di Marco Vannini era molto commossa e per l’emozione è stata colta da un leggero malore: «Non ci speravo più, sono troppo felice. Marco oggi ha riconquistato il rispetto e la giustizia ha capito che non si può morire a 20 anni». Gli avvocati difensori aspettano invece di leggere le motivazioni. Difficile al momento capire come andranno le cose infatti: apparentemente sembrerebbe mettersi male per Ciontoli, in realtà occorre vedere che margini di discrezionalità i giudici di Cassazione lasceranno ai colleghi dell’Appello.

La giornata si era aperta con un piccolo gruppo di sostenitori a piazza Cavour in solidarietà della famiglia di Marco Vannini, che indossavano le magliette con su stampato “Giustizia per Marco Vannini”. Con loro un folto gruppo di giornalisti che fin dall’inizio hanno seguito la vicenda con morbosa curiosità extra processuale, mettendo spesso in atto i tipici cortocircuiti del processo mediatico. Presente in aula anche l’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che quando era in carica aveva promesso che Ciontoli non sarebbe mai stato reintegrato nel suo ruolo.

L’udienza si era aperta con la requisitoria della rappresentante della Procura Generale, il sostituto procuratore Elisabetta Ceniccola che aveva chiesto di annullare la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Roma, la quale aveva ridotto da 14 a 5 anni di reclusione la condanna per Antonio Ciontoli, e rinviarla ad altra sezione della Corte di Appello. La pg ha definito «gravissima e quasi disumana» la vicenda che quasi cinque anni fa ha portato alla tragica e sventurata morte del giovane Marco Vannini. La Ceniccola aveva chiesto anche di annullare le condanne a tre anni di reclusione per i familiari di Ciontoli, la moglie e i due figli Federico e Martina. Per loro l’appello aveva sentenziato l’omicidio colposo. La Ceniccola aveva proseguito: «La famiglia Ciontoli per 110 minuti ha tenuto una condotta omissiva e menzogniera. Marco Vannini non è morto per il colpo di pistola ma per i ritardi nei soccorsi». Per le parti civili sono intervenuti l’avvocato Gnazi e il professor Coppi, il quale ha detto: «Ciontoli ha lasciato consapevolmente morire Vannini per non perdere il posto di lavoro. Era consapevole della gravità della situazione e del fatto che si andava aggravando sempre di più.

Ciontoli si è reso perfettamente conto di tutto, ha seguito l'agonia del ragazzo passo passo, senza preoccuparsi della sua morte, che avrebbe eliminato dalla scena l'unico testimone che avrebbe detto come erano andate le cose». Di parere ovviamente opposto la difesa dei Ciontoli. Per loro «Ciontoli se si fosse prefigurato l’evento morte di Marco Vannini non vi avrebbe aderito, nonostante sia indiscutibile una sua condotta moralmente ingiustificabile, ma non tale da configurare un omicidio volontario con dolo eventuale».