Alla ricerca dell’elettore smarrito, i dubbi della sinistra: siamo noi a doverlo inseguire?
E’ scomparso il proletariato oppure è scomparso il socialismo? Quello umanitario è diventato statalismo assistenzialista, quello riformista vaga senza meta
Un lacerante quesito assilla i politici e gl’intellettuali che prima godevano in tranquillità della pervasiva egemonia culturale della sinistra: “Il proletariato è scomparso perchè manca il socialismo o il socialismo è scomparso perchè manca il proletariato”? Tutto dipende dal fatto che non ci sono più gli operai di una volta? Come succede che, mentre le statistiche calcolano cinque milioni di poveri ( 5.000.000!), le masse non desiderano tuttavia la rivoluzione socialista? Non sarà che all’Istat nascondono che la povertà è stata abolita ope legis?
I partiti che con orgoglio si definiscono di sinistra appaiono confusi come gl’innamorati che non si capacitano del perché siano stati lasciati. Gli elettori sono di sinistra quando votano partiti di sinistra o lo sono a prescindere ovvero, addirittura, anche quando votano “a destra”? La sinistra cerca seriamente elettori che la confortino comunque, mentre non ricerca l’ubi consistam dentro di sé. Il comunismo scientifico è finito nella pattumiera della storia; il socialismo umanitario è sfociato in statalismo assistenzialistico e solidarismo cristiano; il socialismo riformista è diventato progressismo ondivago senza meta. Gli elettori di sinistra hanno creduto per decenni che i partiti di sinistra fossero il meglio assoluto e la miglior difesa contro il peggio. Poi si sono accorti che il meglio assoluto non esiste e che il peggio era meglio. Perché continuare a votare “a sinistra”? I loro ex partiti di riferimento persistono nel considerarsi la pietra di paragone e dicono: “Se il nostro elettore non ci segue, è lui la pecorella smarrita.
Noi siamo il pastore. Anzi, l’avanguardia. Deve cercarci lui, non il contrario. Non seguendoci, decide di perdersi”.
“Dovremmo ottemperare all’insegnamento evangelico”, suggeriscono invece i veri fedeli rimasti.
“Dovremmo lanciarci all’inseguimento degli elettori scappati via. Se no, credenti come siamo nella purezza dottrinaria, guadagneremmo il paradiso eroico del socialismo, ma lasceremmo ahinoi i nostri elettori alla mercé degl’infernali diavoli del liberismo selvaggio”.
Angoscia dunque i partiti della sinistra, sia fervente d’ideologia che povera di fervori, un accorante interrogativo cruciale: “Gli uni sconoscendo gli altri, dobbiamo tuttavia diventare noi come gli elettori o gli elettori come noi”?
Così, la loro inquieta ricerca dell’elettorato smarrito, per metafora e nella realtà, conferisce ai partiti di sinistra pure una patina di tormento esistenziale e romantico, alquanto umoristico.
Alla ricerca dell’elettore smarrito, i dubbi della sinistra: siamo noi a doverlo inseguire?
Un lacerante quesito assilla i politici e gl’intellettuali che prima godevano in tranquillità della pervasiva egemonia culturale della sinistra: “Il proletariato è scomparso perchè manca il socialismo o il socialismo è scomparso perchè manca il proletariato”? Tutto dipende dal fatto che non ci sono più gli operai di una volta? Come succede che, mentre le statistiche calcolano cinque milioni di poveri ( 5.000.000!), le masse non desiderano tuttavia la rivoluzione socialista? Non sarà che all’Istat nascondono che la povertà è stata abolita ope legis?
I partiti che con orgoglio si definiscono di sinistra appaiono confusi come gl’innamorati che non si capacitano del perché siano stati lasciati. Gli elettori sono di sinistra quando votano partiti di sinistra o lo sono a prescindere ovvero, addirittura, anche quando votano “a destra”? La sinistra cerca seriamente elettori che la confortino comunque, mentre non ricerca l’ubi consistam dentro di sé. Il comunismo scientifico è finito nella pattumiera della storia; il socialismo umanitario è sfociato in statalismo assistenzialistico e solidarismo cristiano; il socialismo riformista è diventato progressismo ondivago senza meta. Gli elettori di sinistra hanno creduto per decenni che i partiti di sinistra fossero il meglio assoluto e la miglior difesa contro il peggio. Poi si sono accorti che il meglio assoluto non esiste e che il peggio era meglio. Perché continuare a votare “a sinistra”? I loro ex partiti di riferimento persistono nel considerarsi la pietra di paragone e dicono: “Se il nostro elettore non ci segue, è lui la pecorella smarrita.
Noi siamo il pastore. Anzi, l’avanguardia. Deve cercarci lui, non il contrario. Non seguendoci, decide di perdersi”.
“Dovremmo ottemperare all’insegnamento evangelico”, suggeriscono invece i veri fedeli rimasti.
“Dovremmo lanciarci all’inseguimento degli elettori scappati via. Se no, credenti come siamo nella purezza dottrinaria, guadagneremmo il paradiso eroico del socialismo, ma lasceremmo ahinoi i nostri elettori alla mercé degl’infernali diavoli del liberismo selvaggio”.
Angoscia dunque i partiti della sinistra, sia fervente d’ideologia che povera di fervori, un accorante interrogativo cruciale: “Gli uni sconoscendo gli altri, dobbiamo tuttavia diventare noi come gli elettori o gli elettori come noi”?
Così, la loro inquieta ricerca dell’elettorato smarrito, per metafora e nella realtà, conferisce ai partiti di sinistra pure una patina di tormento esistenziale e romantico, alquanto umoristico.
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