“Onestà, onestà”. Ricordate? Ma che cos’è l’onestà politica? Nel suo saggio su Etica e politica, Benedetto Croce così risponde: «Non è altro che la capacità politica, come l’onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze». Ne consegue che «la disonestà coincide con la cattiva politica, con l’incapacità politica». Ecco che l’onestà, come nella neolingua della quale parla George Orwell, si tramuta nel suo esatto contrario. Chissà se Luigi Di Maio ha mai meditato su queste parole del filosofo abruzzese. E’ probabile che, in tutt’altre faccende affaccendato, non abbia avuto tempo e voglia di rifletterci sopra.

Un peccato. Perché l’ex capo politico dei 5 Stelle si sarebbe risparmiato parecchi errori. Ecco che è passato dalle stelle - è proprio il caso di dirlo - alle stalle. O, se più vi piace, dagli altari nella polvere. D’altra parte è arcinota la massima di Abramo Lincoln. Diceva, il presidente degli Stati Uniti: «Si può ingannare un uomo per l’intera vita, tutti per una volta, ma non si possono ingannare tutti per sempre». Per cominciare Di Maio ha ingannato sé stesso: ha creduto alle favole che raccontava urbi et orbi. Ma la cosa stupefacente è un’altra. Un po’ tutti i suoi interlocutori, alleati o avversari che fossero, hanno finito per credere a queste favole. E sono corsi appresso al pifferaio pentastellato.

Come nella commedia di Eduardo, gli hanno detto di sì. Hanno creduto che quella di Giggino fosse vox populi, anche in considerazione del successo elettorale che gli ha arriso nel 2018. E l’hanno scambiata nientemeno che per la vox dei. Il bello è che tutto questo in parte accade anche adesso che Di Maio - politicamente parlando, beninteso, anche se a dar retta ad Amintore Fanfani alle Quaresime seguono le Resurrezioni - ad alcuni appare un morto che cammina.

Ad aprirci gli occhi su questo scenario è stato un esponente grillino vicino al presidente della Camera Roberto Fico, perché di questi tempi burrascosi se non si è vicini a qualcuno non si è nessuno. Si tratta di Luigi Gallo: un tipo sveglio. A Napoli, per convincere peraltro senza successo la base pentastellata a dire di sì ad alleanze con il Pd alle regionali e magari in prospettiva alle politiche, ha fatto un ragionamento che non fa una grinza: «Qualcuno immaginava che la Lega avesse potuto mai votare il reddito di cittadinanza e la legge anticorruzione? Qualcuno poteva immaginare che il Pd accettasse di rendere operativa la legge sulla prescrizione? E il taglio dei parlamentari? Dei vitalizi? Lo abbiamo sempre fatto con i voti di altre forze politiche».

Proprio così. Praticando lo zoppo, un po’ tutti si sono adattati a zoppicare. Pur nutrendo non pochi dubbi sulle tante belle pensate dimaiane. Su la Repubblica, Annalisa Cuzzocrea riporta le parole di un big pentastellato: «Noi abbiamo un popolo cui in questi anni abbiamo insegnato a odiare». Cose da far accapponare la pelle. Per nostra fortuna, c’è ancora chi non la beve. E parla chiaro. L’abolizione della prescrizione oggi è una follia, dice in sostanza Matteo Renzi, ed è in buona compagnia. Un costituzionalista provetto come Massimo Villone su il manifesto

non si fa incantare. E dice, senza peli sulla lingua, che «il taglio dei parlamentari - come realizzato - è una riforma inaccettabile, nel merito e nel metodo». Mentre nessuno ha da ridire sul fatto che la proporzionale che ci attende dietro l’angolo, manco a dirlo propiziata da Di Maio e compagnia cantante al fine di permettere al partito di correre da solo, ci priverà del potere di sceglierci i parlamentari e il governo. Una vergogna. E il reddito di cittadinanza è stato concepito male e realizzato ( si fa per dire) peggio. Dulcis in fundo, i vitalizi. La Corte di cassazione ha detto che sono la proiezione delle indennità parlamentari. Perciò, se sono privilegi gli uni, sono privilegi anche le altre. Che facciamo, le togliamo di mezzo e torniamo allo Statuto albertino per la gioia dei soli beati possidentes?

E a sua volta la Corte costituzionale ha affermato che i cittadini devono poter contare sulla parola, sul legittimo affidamento, dello Stato. Macché, parole al vento. Perché ci si culla nelle favole. Ecco la vendetta dello sconfitto pifferaio magico.