Pubblichiamo di seguito la relazione tenuta all’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte d’appello di Catanzaro dal presidente dell’Ordine degli avvocati Antonello Talerico  Porgo i miei saluti al Sig. Presidente della Corte di Appello, all’Avvocato Generale,  ai componenti della Magistratura, al Presidente del CNF, al Coordinatore dell’Ocf, all’Avvocatura tutta, alle Autorità intervenute ed ai liberi cittadini. Oggi prendo la parola consapevole del fatto che il Nostro Distretto vive uno dei momenti più difficili della sua Storia: - perché per la prima volta celebriamo l’inaugurazione dell’anno giudiziario in assenza del Procuratore Generale, trasferito in forza di un provvedimento disciplinare lampo che comunque ha attestato la preesistenza di un conflitto tra organi dell’amministrazione giudiziaria, Procura Generale e DDA ; - perché alcune delicate inchieste (“Rinascita-Scott”, “Genesi” e quelle riguardanti altri due Procuratori della Repubblica trasferiti a Potenza) hanno visto il coinvolgimento e/o addirittura l’arresto di magistrati, avvocati ed altri figure di spicco  del nostro tessuto sociale; - perché a prescindere dagli esiti processuali e dalle singole responsabilità che eventualmente verranno accertate, il Distretto di Corte d'Appello di Catanzaro, all’indomani degli arresti, ha dovuto prendere atto pubblicamente di condotte patologiche e deviate provenienti dal suo interno, proprio  da coloro i quali avrebbero dovuto essere i garanti del corretto esercizio della funzione giurisdizionale, che rappresenta la forma più alta di tutela e garanzia dell’effettività dei diritti di tutti i cittadini; - perché i protagonisti principali del sistema Giustizia, Avvocati e Magistrati, sono messi gravemente in discussione dall’opinione pubblica,  e di conseguenza il medesimo sistema si dimostra vulnerabile e preoccupantemente fallibile e tutto viene amplificato dalla diffusa cultura del sospetto. Ed è proprio per questo che noi operatori del diritto abbiamo il dovere di riconquistare la fiducia dei cittadini, pur essendo consapevoli che tale compito non sarà facile. La Calabria e le sue Istituzioni hanno bisogno, prima di tutto ed in questo particolare momento, della vicinanza dello Stato.  Mentre,  oggi l’assenza del Ministro della Giustizia (che nel corso dell’Inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione ha parlato di “vicinanza alle Istituzioni”) è sintomatica di un grave disinteresse verso questo Territorio, che combatte quotidianamente battaglie importanti, anche senza la necessità del ricorso a strumenti di informazione di massa, perché in Calabria la maggior parte dei cittadini (e quindi anche gli Avvocati ed i Magistrati) sono persone perbene, che non si rivolgono ai sistemi deviati, né ricercano promiscuità patologiche,  anzi sono costretti tante volte a subirle. Per questo la Calabria avrebbe bisogno di una rivoluzione di massa, che non può iniziare finché lo Stato rimarrà assente e finché il potere politico centrale non smetterà di delegare al potere giudiziario locale la risoluzione di tutti i mali. Occorre recuperare, prima di tutto, la funzionalità quotidiana della Giustizia, integrando risorse economiche ed umane, specie nei nostri territori facilmente definiti disagiati. Il cittadino calabrese subisce sia nel processo penale che nel processo civile i gravi ritardi e le inefficienze  accumulati nel tempo dallo Stato, che senza conoscere le singole realtà locali, elimina i già esigui presidi di Giustizia e Legalità, priva la magistratura delle più basilari risorse e, costringe l’Avvocatura a subire riforme che aumentano formalismi e decadenze, tutto a danno del cittadino, individuando soluzioni che limitano sempre più l’accesso alla Giustizia, già di per sé difficile in Calabria, in ragione delle disagiate condizioni economiche diffuse (l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è divenuto anch’esso complicato) e della scarsa affidabilità del processo per la sua inaccettabile durata. Avvocatura e Magistratura, snaturando il loro ruolo e le loro funzioni, spesso sono costrette a combattere il conflitto sociale attraverso le sorti del processo. A ciò si aggiunga che l’uso strumentale del diritto (sia nel processo civile che in quello penale) rischia di sconfinare nella violazione stessa dei diritti. I cittadini percepiscono sempre più le incertezze della Giustizia, ancor più se un Giudice manda in carcere 334 persone ed un altro giudice ne libera quasi la metà. I cittadini non conoscono la differenza tra fase cautelare e dibattimento, con il rischio che una distorta comunicazione di massa ed il linciaggio mediatico consequenziale si traducono in una sentenza definitiva di condanna, a prescindere dalle sorti del processo. Ecco perché anche la comunicazione da parte degli organi giudiziari  – come detto dal Procuratore Generale presso la Cassazione Giovanni Salvi –, richiede moderazione per il ruolo e la professionalità che deve avere la Magistratura requirente. Del resto, la Magistratura non ha bisogno di ricercare consenso, poiché ciò potrebbe tradursi in un  pericolo per la sua stessa autonomia ed indipendenza, correndosi il  serio rischio  di condizionamenti da parte del giudizio popolare o dal populismo giudiziario. Da parte dell’Avvocatura, invece, dobbiamo attenderci una intensa opera di riedificazione della Professione forense, che passi attraverso una fase di autocritica e di presa d’atto del suo importante ruolo nel processo. Ciò al fine di superare l’errata considerazione di un decadimento morale ed intellettuale dell’intera categoria, che dovrebbe, innanzitutto, ripartire dal rispetto dei principi deontologici e da un innalzamento del livello di formazione e competenza professionale, per dare continuità alla sua storia migliore, dismettendo i panni dell’eloquenza “metafisica”, cercando di ambire ad una dialettica concreta e sintetica, con il risultato di contribuire realmente alle decisioni del Giudicante, che dovrà, però, da parte sua, ascoltare e leggere le tesi difensive, troppo spesso trascurate a motivo di pseudo esigenze di celerità, economia processuale e per la necessità di smaltimento dell’arretrato. Ecco perché lo Stato di Diritto si è trasformato in uno Stato economico privo di equità,  mediante l’esaltazione ed il rafforzamento del principio di autorità e l’affievolimento di quello dell’autorevolezza.   Cosi la frenesia inconsistente ha soppiantato la riflessione ponderata, i muscoli (intesi come esercizio del mero potere) si sono imposti sulla mente (inteso come il confronto tra giudice e parti) ed il pensiero ha lasciato il posto all’improvvisazione (intesa come adattamento condizionato del sistema giustizia). Avvocatura e Magistratura locali non dovranno aver paura di continuare ad interagire ed a confrontarsi, il dubbio di zone d’ombra e le condotte patologiche deviate si combattono solo attraverso un’Avvocatura ed una Magistratura forti del loro ruolo  e della loro consistenza. La debolezza dei rapporti rischia di aprire maglie troppo larghe, che potrebbero essere riempite da dubbi ed incertezze sino al punto di privare la libertà di giudizio del giudice e di rendere inutile il diritto di difesa delle parti. Proprio per questo Avvocatura e Magistratura UNITE devono salvare insieme la Giustizia. Tutto ciò è nel loro DNA e nella loro Storia. Antonello Talerico presidente del Consiglio dell’Ordine Distrettuale degli Avvocati di Catanzaro