Nel suo intervento nel corso dell’apertura dell’anno giudiziario, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, David Ermini, non si è nascosto: «L’anno appena terminato è stato caratterizzato dalle vicende, dolorosissime per il Consiglio Superiore, venute alla luce nel corso di una indagine giudiziaria. Questa indagine ha disvelato un agire prepotente, arrogante e occulto tendente ad orientare inchieste, influenzare le decisioni del CSM e screditare altri magistrati. Durissimo è stato il colpo al prestigio, alla credibilità e alla autorevolezza del Consiglio e dell’intero ordine giudiziario», ha esordito. Tuttavia, Ermini ha voluto sottolineare il cambio di passo nell’attività del Csm e soprattutto il ruolo centrale avuto dal Presidente della Repubblica - cui ha manifestato «riconoscenza» - nella gestione della situazione e, «A distanza di alcuni mesi da quelle drammatiche settimane e guardando al lavoro nel frattempo compiuto, sono lieto di potere affermare che l’istituzione non solo ha trovato la forza per continuare a svolgere le sue funzioni con assoluta regolarità, ma è riuscita a conseguire risultati importanti sia nel dialogo virtuoso con le altre figure istituzionali».

Nel merito dell’operato della magistratura per il futuro, soprattutto nell’ottica di risolvere i problemi di organico, Ermini ha chiesto «la disponibilità dei magistrati a trasferirsi nelle sedi giudiziarie che versano in situazione di difficoltà o che sono gravate da particolari carichi di lavoro», perchè «lo spirito di servizio e la consapevolezza della rilevanza della funzione svolta devono assumere un rilievo fondamentale nella scelta della sede di lavoro». Il vicepresidente ha voluto affrontare, seppur indirettamente, anche l’aspra diatriba sorta tra le Camere penali di Milano e il giudice Piercamillo Davigo, al quale hanno chiesto di non presenziare all’apertura dell’anno giudiziario milanese. «Non può esservi divisione nella comune battaglia per la difesa della giurisdizione, come fondamento del sistema democratico, tra le diverse categorie di operatori del diritto – magistratura, avvocatura e accademia – la cui reciproca legittimazione è invece presupposto indispensabile del contributo di ciascuna all’attuazione dei principi e delle garanzie stabilite dalla Costituzione», è stata la richiesta di pacificazione.

Ermini si è soffermato sui comportamenti delle toghe, sia all’interno delle dinamiche correntizie che nei confronti dell’opinione pubblica. «L’associazionismo giudiziario deve tornare ad essere luogo virtuoso di confronto sui temi della giustizia, cessando di voler assurgere ad espediente per accordi spartitori ed acquisizione di posizioni di potere». ha detto chiaramente. Inoltre ha ricordato come ai magistrati non sia chiesta solo «capacità professionale» ma «comportamento irreprensibile, sia nell’esercizio delle funzioni che nella vita privata». Immancabile, ormai da anni, è il richiamo del vicepresidente del Csm sull’utilizzo dei mezzi di comunicazione da parte delle toghe. «Una minaccia alla prudenza e alla discrezione della condotta dei magistrati deriva dall’uso, talora eccessivo e inappropriato, dei social media e delle mailing list», i primi utilizzati per esibire la vita privata; le seconde diventate «inammissibili piazze politiche». La relazione di Ermini si è conclusa con un auspicio rivolto a tutti i magistrati: «L’assoluta estraneità a centri di interesse, il rigoroso rispetto della deontologia professionale, la silenziosa osservanza della sobrietà dei comportamenti sono beni preziosi e irrinunciabili per consolidare ogni giorno, dinanzi all’opinione pubblica, il necessario credito di equilibrio, serietà, compostezza e riserbo». Parole che non mancheranno di far riflettere alcuni e indispettire altri.