Sembra un indizio marginale. E invece Matteo Renzi spiega tutto molte ore prima che la maggioranza decida di rinviare la legge Costa in commissione, con l’apparente “connivenza” di Italia viva che non partecipa al voto. «C’è il lodo Annibali», spiega un po’ sibillino l’ex premier in un’intervista a Radio Capital, «che rinvia di un anno la norma Bonafede: evita che possa dispiegare ora i suoi effetti. È un’altra possibilità che offriamo alla maggioranza...». Pare una variabile confusionaria. E invece no. È il dettaglio che spiega tutto. A giocare a carte scoperte è proprio la “titolare” del lodo, Lucia Annibali, che guida la delegazione di Italia viva in commissione Giustizia. È stata appena annunciata l’intenzione della maggioranza di rispedire il testo dell’azzurro Enrico Costa nell’organismo presieduto da Francesca Businarolo, e lei, Annibali, chiarisce: «Noi abbiamo presentato due emendamenti al milleproroghe che chiedono il rinvio della riforma Bonafede e che saranno votati da qui ai prossimi 10 giorni: è questo il tempo che vogliamo offrire alla maggioranza per vedere se è possibile arrivare a modifiche condivise». Poi ognuna per la sua strada. E quella di M5S e dello stesso Pd non sarebbe in discesa.

Le opposizioni provano a resistere, a contestare una violazione del regolamento perché, secondo Forza Italia e Fratelli d’Italia, «siamo di fronte al caso inedito di un provvedimento pervenuto all’Aula come proposta di minoranza che viene rimandato in commissione dalla maggioranza». E invece per la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni non c’è alcuna violazione. Così i deputati di Italia viva al momento del voto escono addirittura dall’emiciclo e la partita si chiude con 72 voti di vantaggio per Pd e Movimento 5 Stelle. Partita che sembrerebbe chiusa. Ma non è affatto così, perché dietro quel «vi diamo altri dieci giorni» dei renziani c’è un calcolo molto preciso. È vero che non sarà facile disincagliare di nuovo la legge Costa ( che sopprime la norma Bonafede) dal fondo della liturgia parlamentare, ma è anche vero che quell’emendamento al milleproroghe sarà esaminato anche prima dei dieci giorni dati dai renziani. La discussione sulle modifiche al decretone di fine anno parte lunedì a Montecitorio, in commissione Affari costituzionali. Lì Italia viva non riuscirebbe a ribaltare gli equilibri, e a far passare la propria richiesta di congelare per un anno la prescrizione targata Bonafede. Ma un emendamento identico sarebbe ripresentato a Palazzo Madama subito dopo, con l’ulteriore complicazione che vede la maggioranza costretta a convertire il prezioso milleproroghe entro il 28 febbraio. Al Senato i renziani hanno eccome i numeri per rovesciare gli equilibri. Ed ecco perché il guardasigilli Bonafede, il suo Movimento e lo stesso Pd sono costretti, a questo punto, a trovare in fretta una vera exit strategy.

Allo stato la soluzione non c’è. Non a caso Andrea Orlando, numero due del Nazareno, nella notte della vittoria in Emilia ha chiesto senza mezzi termini ai pentastellati «una norma sulla prescrizione diversa da quella di Bonafede». Difficile che il guardasigilli accetti di cambiare radicalmente il quadro in vigore dal primo gennaio: termini di estinzione del reato aboliti dopo la sentenza di primo grado. L’unico accordo è al momento nell’altro “lodo”, quello proposto da Giuseppe Conte, che limita l’efficacia della norma Bonafede alle sole sentenze di condanna. Ma sia Renzi che Maria Elena Boschi hanno ripetuto più volte che non si accontenteranno del compromesso, a prescindere dall’opinione del Pd. Ieri un esponente di primo piano di Italia viva, il deputato ed ex sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, ha “rivendicato” via twitter: «Come Italia viva siamo scesi in piazza al fianco delle Camere Penali per dire no alla riforma della prescrizione targata Bonafede- Salvini. No al processo infinito, sì al rispetto della Costituzione». Difficile essere più chiari. Il deputato di Leu che ha proposto per primo il lodo, l’omonimo del premier Federico Conte, ammette che «la maggioranza sul tema non ha raggiunto una posizione unanime: il ritorno in commissione potrebbe darci l’occasione di raggiungere una posizione condivisa e se possibile omogenea» Se possibile. Ma se non sarà possibile, la cosa non si risolverà con una semplice alzata di spalle.