E' una modifica dell’articolo 111, lì dove si afferma il principio del giusto processo. La riforma dell’avvocato in Costituzione vi aggiunge un terzo e un quarto comma. Stabilisce l’imprescindibilità dell’avvocato nel processo. È l’avvocato, recita la norma, a «garantire l’effettività della tutela dei diritti e il diritto inviolabile alla difesa».

La modifica costituzionale stabilisce quindi che «l’avvocato esercita la propria attività professionale in posizione di libertà, autonomia e indipendenza».

Un intervento che è stato proposto col disegno di legge 1199 depositato lo scorso aprile a Palazzo Madama dagli allora capigruppo dall’ex maggioranza gialloverde: Stefano Patuanelli, all’epoca presidente dei senatori Cinque Stelle e oggi ministro dello Sviluppo economico, e Massimiliano Romeo, che tuttora guida il gruppo della Lega.

Il ddl è stato assegnato a inizio maggio, dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, alla prima commissione, la Affari costituzionali. A presiedere la commissione è un altro esponente della Lega, Stefano Borghesi. E proprio ieri ancora un rappresentante del Carroccio a Palazzo Madama, Andrea Ostellari, che presiede invece la commissione Giustizia, non ha esitato a rispondere così, in un’intervista al Dubbio, sulla riforma costituzionale per gli avvocati: «In calce a quel disegno di legge costituzionale c’è la firma del nostro capogruppo Romeo. Non abbiamo cambiato idea. Rafforzare il ruolo del difensore e il peso della difesa» è, secondo Ostellari, «una battaglia coerente anche con quella sulla prescrizione».

ANNO GIUDIZIARIO 2018: LA RICHIESTA DEL CNF

A sollecitare di introdurre nella Carta il riconoscimento del ruolo svolto dall’avvocato è stato il Consiglio nazionale forense. Si tratta di una richiesta avanzata dal presidente del Cnf Andrea Mascherin già all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2018, definita in un ipotesi di modifica dell’articolo 111 insieme con il professor Massimo Luciani, nel periodo in cui il docente della Sapienza ha presieduto l’Associazione italiana costituzionalisti, e condivisa da diversi giuristi, tra i quali numerosi magistrati.

Rilevante è la posizione assunta a riguardo dal presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio: poco meno di un anno fa, in un’intervista a questo giornale, ha definito l’avvocato «co- protagonista della giurisdizione» e osservato come «il progetto di esplicita condivisione in Costituzione della missione di giustizia e dell’organizzazione della giurisdizione da parte, insieme, della Magistratura e dell’Avvocatura, nel reciproco riconoscimento dei rispettivi ruoli e funzioni, ne rafforzerebbe l’indipendenza e l’autonomia rispetto al potere politico».

DA BONAFEDE LA MOSSA POLITICA DECISIVA

Ma ad assumere l’iniziativa politica decisiva è stato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

La sua prima e netta presa di posizione a favore della riforma risale al Congresso nazionale forense tenuto a Catania a inizio ottobre 2018: «Da parte della maggioranza», disse in quell’occasione il guardasigilli, «c’è la volontà di iniziare un percorso per portare la funzione dell'avvocato in Costituzione». E Bonafede è stato il motore di quel percorso, che ha portato l’allora capogruppo del suo Movimento al Senato, Patuanelli, a presentare appunto il ddl costituzionale da primo firmatario. In più occasioni, il ministro della Giustizia ha ribadito di «guardare con particolare favore» all’esame della proposta: da ultimo nelle sue relazioni davanti alle commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento lo scorso mese di ottobre.

E al mese successivo risale la prima pubblica dichiarazione favorevole del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. In una lectio magistralis tenuta alla Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione, la seconda carica dello Stato ha spiegato lo scorso 19 novembre come «il riconoscimento costituzionale dell’avvocato quale titolare della difesa tecnica nel processo» si giustifichi anche per la «valenza irrinunciabile» che la professione forense ha «acquisito nel tempo» tanto sul piano della «assistenza legale» quanto, e «soprattutto», su quello della «sua stessa necessità sociale».

È il punto centrale, di fatto, del progetto di riforma: rafforzare il ruolo della difesa nella giurisdizione anche come veicolo per l’affermazione dei diritti, in un’epoca e in una cornice generale in cui non sempre i diritti incontrano la sensibilità dell’opinione pubblica.

Aspetto che non a caso il presidente del Senato, avvocato anche lei e in quanto tale già consigliere del Csm, aveva immediatamente colto. E che dopo il colloquio di ieri con il presidente del Cnf Mascherin, conquista ulteriore centralità nel dibattito sulla giustizia.