Arriva come una ventata di aria fresca o per meglio dire un’epifania su chi siamo e cosa stiamo vivendo: Figli, film postumo di Mattia Torre, diretto da Giuseppe Bonito con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea in uscita nelle sale italiane il 23 gennaio. Una rivelazione per la capacità geniale del compianto e dopo la visione di questo film, compiantissimo Mattia Torre, di raccontare la “vera” realtà, di dar voce ad una generazione, quella dei 30- 40enni, i più confusi e disorientati del nostro paese.

Mattia Torre ha scritto e Giuseppe Bonito messo in scena, la storia d’amore, di coppia e di vita di Sara e Nicola, interpretati da degli eccelsi e con una chimica perfetta Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea alle prese con un piccolo grande problema, l’arrivo del secondo figlio a sconvolgere un equilibrio conquistato con un, fino ad allora, apparente grande sforzo.

Arriva dunque il piccolo Pietro a costringere i due e la figlia piccola- ma- non- troppo a rivedere il proprio ruolo all’interno delle dinamiche familiari.

Sara e Nicola si trovano a scontrarsi e rapportarsi con i condizionamenti, i modelli culturali che la società ci ha attaccato addosso, le loro aspettative personali, i sogni, e la generazione che li ha generati, li ha preceduti e ora è in maggioranza.

Dato il titolo sembrerebbe un controsenso ma Figli non parla soltanto di genitori ma racconta una generazione.

A confermarlo e dichiararlo con convinzione Paola Cortellesi: «Si parla di tante cose, di una coppia intanto, di come mantenere un difficile equilibrio in una lunga relazione. È un film d’amore, parla d’amore» chiarisce l’attrice che dice: «Parla dei percorsi che si fanno con e senza figli, del lavoro certosino che si fa in una coppia per andare avanti e farlo insieme».

Figli si compone della storia di Sara e Nicola ma di tante altre piccole storie raccontate grazie a dei grandi comprimari, tutti o quasi tutti amici di Torre che avevano collaborato con lui in passato, da Stefano Fresi e Valerio Aprea ad Andrea Sartoretti, Paolo Calabresi e tanti altri.

Attraverso questi piccoli protagonisti delle loro storie, Torre ci mostra le tante vie possibili alla risoluzione dello stesso problema oppure i tanti modi in cui si può essere genitori. Ci si riconosce inevitabilmente, che non si abbiano figli o se ne abbiamo 1, 2 o tanti perchè l’Italia è il paese, per citare Torre, dove tutti odiano tutti. Valerio Mastandrea conosceva bene Mattia Torre e della sua genialità nel permetterci di riconoscerci dice: «Noi ci siamo riconosciuti in tante cose, c’è tutto il modo di approcciare alla realtà di Mattia, Giuseppe Bonito ha usato la parola sfrontatezza che è esattamente il modo di raccontare la realtà che usava l’autore, non facendo mai finta di niente da lontano, giudicando, ma stando dentro le cose».

Anche Paola Cortellesi parla ridendo del suo rivedersi in Figli: «Io mi sono ritrovata in tutto, mi sono riconosciuta in tutte le tipologie dei genitori e quando ho letto la sceneggiatura ridevo di me stessa e questo è uno dei grandi talenti di Mattia, racconta cose vere, cose in cui in tanti ci riconosciamo, in tante manie e idiosincrasie, completamente devastanti. Vedi la realtà e attraverso la sua ironia, trovi il modo di riderne e questo ti alleggerisce ed è terapeutico».

Terapeutici e come si sottolineava poc’anzi, vicini alla vera e propria epifania, i confronti tra i due coniugi e tra loro e gli amici, i figli, i genitori, scontri che trasudano problematiche con cui ci confrontiamo giornalmente e pensieri che ci pervadono costantemente e che difficilmente portiamo alla luce. Una pediatra guru dice ai genitori: «Si può cambiare qualcosa solo se prima lo si è accettato» ed il cambiamento deve iniziare da modelli culturali sbagliati, dice Valerio Mastandrea: «Il ruolo della madre viene visto come una benedizione da parte della cultura del nostro paese, se sei madre devi automaticamente rinunciare a tutto, è questa la cultura da combattere» continua l’attore e regista e sulla scia di “fare figli è una cazzata”, frase pronunciata dal personaggio di Valerio Aprea nel film commenta: «Dal punto di vista culturale essere madri o genitori è un punto di arrivo delle persone, ma invece è una fase di accompagnamento verso la crescita, la vita e verso la fine, sì, lo possiamo dire. Quando ti nasce un figlio capisci che si muore, il tempo accellera. Non è una cazzata fare i figli, dovrebbe essere naturale invece di essere condita di aspettative che ognuno di noi pensa di non poter mantenere».

Mattia Torre scrive questa storia con un senso di realtà condito da surrealtà, riesce a condensare la sensazione di trappola che proviamo spesso quanto rimaniamo imbrigliati in certi meccanismi con dei “letterali” voli fuori dalla finestra dei protagonisti. Di quella surrealtà parla Paola Cortellesi: «Non racconta cose surreali, le racconta in modo surreale, ma sono cose vere nelle quali ognuno di noi si riconosce. La realtà che racconta Mattia è anche quella che fisicamente non può avvenire. Magari si potessero mettere in atto certe cose come uscire velocemente da una situazione buttandosi da una finestra. Molti di noi hanno pensato di farlo».

Figli si chiude con ottimismo, con la voglia di combattere per far funzionare le cose: «Non credo che volesse lanciare un messaggio al cosmo però Mattia era un ottimista» commenta Mastandrea per poi concludere: «Anche nei suoi pezzi teatrali c’era sempre una punta di ottimismo. Questa storia pesca molto dalla sua storia e vuol dire: signori si può fare, però poi ognuno faccia come gli pare».