Bisognerà dunque attendere ancora un mese, almeno, per conoscere il nome del futuro procuratore della Capitale. La Commissione per gli incarichi direttivi del Csm, la quinta, non è riuscita ieri a convergere su una candidatura unitaria ed ha proposto tre nomi alternativi al Plenum. In testa il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, che ha ottenuto due voti. Un voto ciascuno è andato al Procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, e all'attuale reggente della Procura di Roma, Michele Prestipino.

Per Lo Voi hanno votato Loredana Miccichè, togata di Magistratura indipendente, e Michele Cerabona, laico in quota Forza Italia. Creazzo ha avuto il voto di Marco Mancinetti, togato di Unicost. A favore di Prestipino, invece, Piercamillo Davigo. Il presidente della Commissione, Mario Suriano, togato di Area, il gruppo progressista, si è astenuto. E si è astenuto anche Alberto Maria Benedetti, laico vicino al Movimento Cinque Stelle. Chi si aspettava maggiore condivisione su una nomina così importante sarà quindi rimasto deluso.

Non è stato infatti sufficiente “azzerare” la precedente votazione di maggio, quando uscì vittorioso Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, e procedere ad un giro di audizioni di tutti i candidati, per trovare finalmente l’erede di Giuseppe Pignatone. Mancinetti e Miccichè hanno votato per i candidati delle rispettive correnti. Davigo ha deciso di puntare su Prestipino, già stretto collaboratore di Pignatone, dopo aver votato a maggio per Viola. Sorprende l’astensione di Suriano.

A memoria non si ricorda una simile scelta da parte del presidente della Commissione per gli incarichi direttivi. In suo soccorso è giunto il collega Ciccio Zaccaro: «In questi mesi Suriano ha lavorato a lungo per una proposta condivisa in Commissione. La delicatezza della pratica e la consapevolezza del rilievo assunto dalle scelte consiliari, soprattutto dopo i fatti di maggio scorso, imponevano ogni sforzo per il perseguimento di una soluzione unitaria. Purtroppo, allo stato, questo risultato non è stato raggiunto».

Cosa succederà allora il mese prossimo in Plenum è difficile prevederlo. Molto dipenderà certamente da altre partite, come la nomina del procuratore generale di Roma e da quella del procuratore di Perugia, ufficio competente per i reati commessi dalle toghe laziali. Un “gioco di incastri” che dopo la vicenda ' Palamara' si pensava fosse archiviato e che invece è tornato d’attualità.

Questi i numeri a Palazzo dei Marescialli: cinque consiglieri di Area, cinque davighiani, sommando il pm antimafia Nino Di Matteo, di Autonomia& indipendenza, tre di Magistratura indipendente, tre di Unicost, e tra i laici tre M5s, due Forza Italia, due Lega, il vice presidente David Ermini ( Pd), i capi della Cassazione Giovanni Mammone e Giovanni Salvi. A maggio, prima che scoppiasse, appunto, lo scandalo “Palamara”, la scelta del Csm era caduta su Viola, una magistrato siciliano, molto riservato, che aveva sempre svolto attività giurisdizionale. Viola doveva rappresentare la “discontinuità” con la gestione Pignatone che aveva creato diverse frizioni fra i pm a piazzale Clodio.

Area criticò subito tale scelta in quanto avrebbe garantito un ritorno della Procura di Roma alla “tradizione”, costringendo la magistratura a stare “un passo indietro alla politica”, e soprattutto “azzerando” l’eredita di Pignatone negli uomini e nelle prassi e nella “cultura investigativa”. Viola venne votato, oltre al citato Davigo, dal collega di Mi Antonio Lepre, poi dimessosi, da Emanuele Basile, laico della Lega, e da Fulvio Gigliotti, laico del M5S. Lo Voi era stato votato da Suriano. Va ricordato che Area contestò duramente all’epoca la nomina di Lo Voi a procuratore di Palermo, accusandolo di non avere titoli sufficienti per un simile incarico.