La regola più vecchia del mondo è che, per fare politica, servono i soldi oltre alle idee. Alexandria Ocasio- Cortez, la deputata dem più giovane della storia, all’inizio della sua carriera aveva molte idee ma pochissimi soldi, ma ha subito capito come raccoglierne molti. E, ora, proprio sui soldi ha lanciato l’ennesima sfida al suo partito.

Per prassi, tutti i parlamentari sono tenuti a versare 250mila dollari al comitato elettorale che sosterrà la rielezione dei candidati democratici nel voto del 3 novembre 2020: oltre al futuro presidente, infatti, verranno eletti anche 470 parlamentari e le campagne elettorali costano. Lei, l’ormai stella dem AOC, ha fatto sapere che lei i soldi non li verserà. O meglio, non li verserà al suo partito. «Non vedo perché dovrei finanziare un'organizzazione che non vuole accogliere me e quelli che la pensano come me», avrebbe detto, spiegando dunque che non si tratta di un problema di soldi, ma di politica.

Secondo Ocasio- Cortez, infatti, il partito democratico americano preferirebbe sostenere la vecchia guardia dem, il suo establishment consolidato, invece che dare spazio a volti nuovi e con posizioni considerate più di sinistra come quelle che incarna lei. Per questo lei non ci sta a far finire la sua parte di obolo nelle tasche di candidati che non considera coerenti col futuro dei dem e ha deciso di devolvere la sua quota a chi lei stessa ha selezionato. Trecento mila dollari, per cominciare, dunque più di quello che il partito le chiedeva. Non, solo: il brand AOC ormai è diventato una macchina ben oliata per raccogliere denaro, tanto che negli ultimi tre mesi del 2019 ha raccolto un milione e mezzo di dollari, classificandosi in testa alla lista dei democratici per capacità di foundraising.

Lo schiaffo della “stella” del Bronx, però, ha riaperto la polemica dentro i dem: lei, sostenitrice di Bernie Sanders ( il candidato considerato più a sinistra) nella corsa alla Casa Bianca, ha spesso attaccato due big storici del partito dell’asinello come Elizabeth Warren e soprattutto Joe Biden per le loro posizioni. Di più, nei giorni scorsi ha addirittura aggiunto: «La tenda dei democratici è troppo ampia». Un eufemismo nemmeno troppo velatoper dire che qualcuno sta sotto l’ombrello sbagliato: lei o l’ex vicepresidente Biden. Del resto, proprio questa è la battaglia che la ha resa nota non solo in America ma anche Oltreoceano: la battaglia all’establishment politico, quello repubblicano ma anche il suo. Con l’obiettivo chiaro di aprire la pista a un nuovo progressismo americano, fatto di parole come diversity, climate change e diritti. E, per farlo, è pronta a mandare in pensione le vecchie glorie che hanno retto il partito fino ad oggi.

La sfida è improba, ma Ocasio- Cortez ha scelto di affrontarla a viso aperto con parole chehanno fatto interrogare molti sull’opportunità che lei continui a militare tra i dem. Una testa calda come la sua starebbe meglio tra gli indipendenti, dicono da Washington, anche se significherebbe privarsi del più promettente tra i volti politici della nuova generazione. Una che si è già dimostrata tra le più abili a capitalizzare il suo successo mediatico. Prima tra tutte, dopo l’escalation di Obama, AOC ha intuito il potere dei social e soprattutto di Instagram ed è diventata una tra le voci più ascoltate dai giovani grazie a una comunicazione diretta e personale, che la rende “approachable” come difficilmente i politici riescono ad essere. Inoltre, non ha mai perso di vista i soldi: ha appena apertola sua fondazione per ottimizzare la raccolta fondi. Tutte mosse che puntano a renderla sempre di più una apripista, seppur outsider, che brilla di luce propria e senza bisogno degli sponsor di blasone nel partito, ormai sempre più apertamente nemici più che alleati.