Perdita di 3 mesi di anzianità. È questa la sanzione inflitta ieri dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura al giudice del tribunale di Marsala Lorenzo Chiaramonte, coinvolto nello scandalo che nel 2015 investì la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, all’epoca guidata da Silvana Saguto, poi radiata dall’ordine giudiziario. Chiaramonte è ritenuto parte del “cerchio magico” dell'ex presidente Saguto, a processo perché secondo la procura avrebbe gestito illecitamente, con la complicità di magistrati e professionisti, i beni sequestrati alla mafia. Chiaramonte - ex giudice del tribunale di Palermo delegato alle procedure di prevenzione - si è visto infliggere, dunque, una sanzione più severa rispetto alla censura che gli era stata comminata con una prima sentenza disciplinare, poi annullata con rinvio dalla Cassazione.

La disciplinare, presieduta dal laico Filippo Donati, lo ha condannato per una delle incolpazioni, assolvendolo dalle altre accuse. Per lui il sostituto pg della Cassazione Mario Fresa aveva chiesto la perdita di anzianità di 6 mesi, in relazione a cinque illeciti disciplinari contestati. Il capo di incolpazione formulato a suo carico fa riferimento a «reiterati gravi e ingiustificati ritardi nel compimento di atti relativi all’esercizio delle funzioni» tali da pregiudicare «il diritto delle parti a ottenere la definizione in tempi ragionevoli del procedimento».

Rischia, invece, un trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale il pm della Direzione nazionale antimafia Cesare Sirignano. All’esame della Prima Commissione del Csm, che ieri ha definito la pratica aperta nei suoi confronti, i contenuti di alcune conversazioni intrattenute con il pm di Roma, ora sospeso, Luca Palamara, relative alla nomina del nuovo capo della procura di Perugia. Conversazioni emerse dalle indagini della procura umbra che hanno portato alla bufera tra toghe. A favore del trasferimento di Sirignano si sono espressi il togato di A& I Sebastiano Ardita ( presidente della Commissione), il laico della Lega Emanuele Basile e il togato di Area, Giovanni Zaccaro, mentre ha votato contro la togata di Unicost Concetta Grillo. Astenuti Antonio D’Amato, togato di Magistratura Indipendente, e Filippo Donati, laico eletto in quota M5s. Le proposte verranno ora portate in plenum, che si esprimerà in via definitiva.

E ieri davanti al Csm è comparso anche il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, anche lui a rischio trasferimento per incompatibilità ambientale dopo le aspre critiche espresse nei confronti del capo della Dda del capoluogo calabrese, Nicola Gratteri, a seguito del blitz “Rinascita- Scott”, che ha portato ad oltre 300 misure cautelari e a un totale di 416 indagati. L’audizione si è svolta a porte chiuse, nonostante la richiesta avanzata dal legale di Lupacchini, Ivano Iai, di renderla pubblica per evitare «di notizie distorte».

Una scelta motivata da esigenze di segretezza degli atti e per la delicatezza della vicenda. A chiedere la pratica a tutela del procuratore della Dda erano stati i consiglieri di Area e Magistratura Indipendente, preoccupati per l’intervista rilasciata da Lupacchini a TgCom, durante la quale il pg aveva ripreso i fili della polemica ingaggiata ormai da mesi con Gratteri, lamentando il «mancato rispetto delle regole di coordinamento con altri uffici giudiziari».

«I nomi degli arrestati - aveva dichiarato - e le ragioni degli arresti li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione sulla stampa che evidentemente è molto più importante della procura generale contattare e informare. Al di là di quelle che sono poi, invece, le attività della procura generale, che quindi può rispondere soltanto sulla base di ciò che normalmente accade e cioè l’evanescenza come ombra lunatica di molte operazioni della procura distrettuale di Catanzaro stessa». Per il Csm, Lupacchini avrebbe così delegittimato pubblicamente l’operato del procuratore Gratteri, tenendo tutta una serie di comportamenti che macchierebbero l’immagine del magistrato.