«Oggi tutti propongono i ricorsi e si perde un sacco di tempo. La sanzione pecuniaria, 2- 6mila euro a imputato, non spaventa nessuno. Anzi, non la paga quasi nessuno: lo Stato incassa solo il 4%, perché gran parte degli imputati non dichiara redditi né ha beni al sole. Basterebbe rendere responsabile in solido l’avvocato. Così, quando il cliente gli chiede di ricorrere, gli fa depositare fino a 6 mila euro e poi, in caso di inammissibilità del ricorso, verserà lui la somma al posto del cliente». È una delle proposte che Piercamillo Davigo ha lanciato da un un’intervista a Il

Fatto Quotidiano. Inoltre, suggerisce Davigo, «nei Paesi di Common Law, c’è il reato di oltraggio alla Corte per chi fa perdere tempo inutile. Basterebbe consentire al giudice di valutare anche le impugnazioni meramente dilatorie per aumentare la pena». Non si è fatta attendere la replica del presidente del Cnf, Andrea Mascherin: «A me pare che per valutare le tesi del Consigliere Davigo in tema di prescrizione, apparse sul Fatto Quotidiano di ieri, si debba preliminarmente rispondere ad una domanda: e cioè se possiamo escludere la fallibilità di pubblici ministeri e giudici», ha infatti esordito Mascherin che poi ha argomentato: «Il giusto processo non può essere inteso come un percorso a ostacoli per la difesa, disseminato di sanzioni processuali e pecuniarie. Dovendosi casomai affermare la necessità di un unico civile ostacolo, ovvero la necessità della prova al di là di ogni ragionevole dubbio per giungere ad una sentenza di condanna. Il giusto processo richiede anche la tutela della parte offesa, attraverso la possibilità di far valere le proprie ragioni a mezzo del proprio avvocato in tempi ragionevoli». E infine: «In definitiva, non va sanzionata la difesa dell’imputato, come quella della parte lesa, che al contrario vanno gelosamente tutelate tramite un sistema giustizia all’altezza di una democrazia evoluta, senza rischiare di far pagare ai cittadini le eventuali carenze statali. Quanto appena detto presuppone che la giurisdizione debba fondarsi su rigorose garanzie, che la mettano al riparo da errori e da visioni giustizialiste».