Non ha avuto successo la proposta di Giuseppe Conte, illustrata durante la conferenza stampa di fine anno a Palazzo Chigi, di voler eliminare “un grado di giudizio” nel processo tributario affinché chi “abbia una pendenza possa risolverla in tempi brevi”, senza dover “rimanere dieci anni bloccato per una cartella esattoriale.” Dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, per bocca del suo presidente Antonio Leone, all’Unione nazionale della camere degli avvocati tributaristi ( Uncat), si è subito levato un coro di critiche nei confronti dell’idea del premier.

“Vorrei ricordare a Conte che i tempi della giustizia tributaria surclassano quelli di tutte le altre giurisdizioni”, ha affermato Leone, manifestando stupore sul fatto che il premier sia diventato improvvisamente “sensibile alla durata del processo tributario quando nel processo penale, con l’abolizione della prescrizione a partire da gennaio, si darà il via al processo senza fine”. “In materia di giustizia tributaria - sottolinea Leone - questa proposta del presidente del Consiglio ricalca quella di qualche mese fa del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, ove l’eliminazione di un grado di giudizio era riferita alla soppressione del giudizio di legittimità”.

“L’eliminazione del ruolo che la Cassazione svolge da decenni in materia tributaria - interpretando il diritto e la giurisprudenza in materie complesse quali quelle fiscali - oltre ad essere palesemente incostituzionale, priverebbe le parti dell’imprescindibile controllo di legittimità da parte del giudice delle leggi, depositario unico della funzione nomofilattica”, ha ricordato Leone.

Dello stesso avviso gli avvocati tributaristi, secondo i quali “ridurre a due gradi la giurisdizione violerebbe la Costituzione se sopprimesse la Cassazione e negherebbe i principi del giusto processo se si riferisse all’appello”. “Additare il contenzioso sulle cartelle - precisano i tributaristi - come la causa dei mali, strumentalizzandolo ai fini della riduzione dei gradi di giudizio, pare esprimere il disprezzo del diritto quale strumento di garanzia e di tutela proprio dei cittadini: l’annunciata riforma costituisce il punto di caduta più basso dopo la sostanziale abolizione della prescrizione e l’inasprimento del carcere per i presunti evasori”.

Non è, comunque, la priva volta che il premier affronta il tema della giustizia tributaria. A dirlo è sempre Leone: “Il Conte Uno si è aperto nell’estate del 2018 con la sbandierata necessità di riformare la giustizia tributaria. E sempre il Conte Uno si è chiuso con una citazione sulla mancata riforma della giustizia tributaria. Durante l’insediamento del Conte Due, poi, è stata inserita nel programma la riforma della giustizia tributaria: non vorrei che per una effettiva riforma della giustizia tributaria, anche nel senso voluto dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, si debba aspettare il Conte Ter o Quater che dir si voglia”.

“Piuttosto che pensare solo e soltanto all’eliminazione di un grado di giudizio, la vera riforma si avrà stanziando risorse nella giurisdizione tributaria e modificando il processo tributario. Di tutto ciò, però, nella legge di bilancio e nei successivi decreti nemmeno l’ombra. Anzi, la parola giustizia tributaria non è stata neppure citata”, ha concluso Leone.

Argomento ripreso anche dall’Uncat: “In Parlamento sono già depositate diverse proposte di legge di riforma presentate anche dalle forze politiche di maggioranza: il premier faccia della giustizia tributaria un luogo di garanzia delle giuste pretese di amministrazione finanziaria e cittadini”.

Tranchat, infine, il commento di Daniele Virgillito, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili ( Ungdcec): “Di fronte a tali argomentazioni pronunciate dall’' avvocato del popolo', le prospettive per il 2020 sono particolarmente preoccupanti. Si passerà, infatti, dalla ricerca della certezza del diritto all’unica esigenza indifferibile rappresentata dalla certezza dell’incasso”.