L’eterna polemica che caratterizza la vita di noi musicisti vuole che siamo attratti solo dall'elemento tecnico e non da quello emotivo della musica. Personalmente ritengo che la parabola evolutiva del rock si sia chiusa tra la fine degli anni ottanta e i primi novanta, ma che al tempo stesso considero Bob Marley, che certo non era un campione di intonazione, parte dell'olimpo delle cose meravigliose successe nel secolo scorso Lo stesso vale per l'attenzione che anche negli anni più bui ho riservato ai Ramones, tanto da assistere a un loro concerto nel 1989 in cui ci saranno state sì e no duecento persone, oppure ai misconosciuti gruppi che a New York negli anni settanta avevano contribuito a creare quei suoni che oggi, a parte citazioni ultra colte comprese da pochi adepti ( su tutte mi viene in mente “Vinyl”), sono completamente dimenticati e penso a band quali i Bad Brains e le New York Dolls.

Questa convinzione non viene neanche scalfita quando racconto che i cori degli alpini, per inciso quelli fino a qualche anno fa in cui non erano presenti le donne ( non me ne vogliate amiche, ma c'è tutto un filone che dura da secoli che privilegia il canto corale dei soli uomini, culminato nell'incontro tra Paolo VI e Strawinsky in cui alla domanda su cosa potesse fare la chiesa per la musica, il sommo compositore russo rispose: «Santità, restituisca i castrati alla musica» ), mi commuovono all'inverosimile. E che lo stesso effetto mi fa il canto gregoriano, da non confondersi con la ben più articolata polifonia rinascimentale, e la melurgia proprio del rito bizantino che sono generalmente dei canti monodici ( una sola linea melodica prima di accompagnamento) con brevi sprazzi di armonizzazioni su intervalli estremamente consonanti che a confronto i Sex Pistols prevedono, nella loro ignoranza, una serie di conoscenze che possono essere assimilabili al confronto di un servo della gleba medievale e una qualsiasi persona in grado di cambiare una lampadina, guidare una macchina o di far funzionare uno smartphone.

Nell'universo di internet da giorni sono diventate virali le immagini di un flash mob inventato dalle donne cilene che ha già preso piede in tutto il Sud America diventando un ballo di protesta globale molto più efficace di mille slogan. na schiera di donne che su un tamburo o una base elettronica batte esclusivamente pulsazioni omogenee scandendo un testo con una serie di rivendicazioni che dovrebbero essere patrimonio comune, ma che ancora stentano ad affermarsi. Potentissimo. Innanzitutto l'elemento visivo, le donne specie prima che diventasse un fenomeno di massa con enormi folle che lo recitano, sono tutte bendate. Non ne so bene il motivo, posso solo immaginare che in qualche modo si ricolleghi al tempo di Pinochet in cui era prassi comune bendare i detenuti che senza alcun capo d'accusa venivano rinchiusi a Villa Grimaldi.

Di certo è che è un ulteriore elemento che cattura l'attenzione e l'immaginario di chi si trova a guardarlo.

La prima volta che l'ho visto non ero in grado di capire il testo, certo la frase « Y la culpa no era mia, ni di dònde estaba, ni como vestia » lasciava intendere a grandi linee l'argomento, ma in sé non credo che abbia avuto un gran ruolo nell'appassionarmi così tanto.

Ho sempre pensato che, per giudicare un fenomeno musicale, sia un privilegio non conoscere bene le lingue e quindi non farsi influenzare dal potere evocativo dei testi. Di tutti gli eroi cui mi sono appassionato nella vita, l'elemento testuale è sempre arrivato dopo. Se mi piaceva la musica, poi potevo leggere il testo sulla “mutanda” del vinile, poi sul libretto del cd e poi se era il caso mi sforzavo di tradurre. Ma era l' elemento di “ciò che non si può dire a parole” che mi risvegliava l'interesse.

Però effettivamente, in questa performance c'è veramente poco di creativo tale da catturare l'attenzione di una persona che della musica ha fatto la sua professione. Una pulsazione basica e un gruppo di persone che recitano una filastrocca, ma nonostante ciò sono giorni che non riesco a togliermelo dalla testa. Qual'è l'elemento che mi colpisce e che personalmente me lo fa collocare tra i brani più riusciti degli ultimi anni?

Qual è il potere della musica nel dare forza ai vari messaggi che veicola?

Se ognuno di noi facesse mente locale su quante poesie è in grado di recitare a memoria e quanti testi di canzoni, nella stragrande maggioranza dei casi il rapporto sarebbe intorno, se non superiore, a sei a uno.

Poi c'è anche da notare che secondo i pionieri della musicologia, la musica non nasce per essere ascoltata. Ascoltare la musica è una prerogativa che si sviluppa in due soli posti nel mondo. L'India meridionale e nella Grecia. La tesi più comune vuole che le funzioni della musica siano quelle di accompagnare riti religiosi, il lavoro e la danza. E sicuramente senza l'impatto visivo delle donne che fanno dei semplici passi, si inginocchiano con le mani dietro la testa per quattro volte sulle parole “femminicidio, impunità per l'assassino, sparizione, violenza” e soprattutto il momento in cui ripetono «el violador es tu» indicando davanti ( e mettendoci tutti noi davanti alle nostre responsabilità) e la successiva pausa per tutta la battuta e il primo quarto di quella successiva in cui resta solo la pulsazione che riporta agli elementi archetipici comuni, probabilmente, a tutti gli esseri umani ( il battito cardiaco, l'alternarsi del giorno e della notte e delle stagioni), contribuisce in maniera determinante al successo di questa iniziativa.

Bisogna però fare attenzione all'incombente effetto macarena che potrebbe trasformarlo in una sorta di ballo di gruppo sminunendone i contenuti e alla voglia ecumenica di tradurlo. Negli anni settanta “El pueblo unido” fu il simbolo della protesta dei giovani di tutto il mondo e nessuno si preoccupò mai del fatto che non fosse compreso il testo.