È un ritorno a una magistratura più quieta, appartata, tutta rivolta al grado zero di una funzione esercitata «nel rispetto della legge e dei principi dettati dalla Costituzione». Nessun particolare richiamo a orizzonti ambiziosi per la giustizia, solo la ferma difesa dai tentativi «dolersi di iniziative o decisioni giudiziarie» da parte di esponenti politici, che iscrivono magari ordinanze e atti di un magistrato «nella categoria dell’attacco». La tre giorni congressuale dell’Anm a Genova si conclude così, con una mozione soprattutto “difensiva”, con pochi altri messaggi trasmessi al legislatore, come la richiesta di «confronto» sul sistema per eleggere i togati al Csm e la rivendicazione di una linea senza «ripensamenti» sulla «prescrizione», da interrompere «con la sentenza di condanna di primo grado».

Una mozione “difensiva”, anche sulla riforma penale

Il momento difficile per le toghe si traduce dunque anche in una scelta un po’ remissiva, in appelli per una «partecipazione alla vita associativa» che ammettono anche il distacco della “base” dalle correnti. Il segnale, sofferto, arriva al termine di una serie di dibattiti aperti venerdì dalla relazione del presidente Luca Poiniz e svolti con intensità ma anche alcune contraddizioni al Teatro “Carlo Felice” del capoluogo ligure. Centinaia di magistrati in platea, decine sul palco a confrontarsi con avvocati, esponenti politici, rappresentanti dell’accademia. In una delle ultime tavole rotonde, il segretario dell’Associazione Giuliano Caputo ha chiesto «un confronto effettivo, una interlocuzione» sulla riforma elettorale del Csm, dopo aver accolto in modo positivo l’esclusione del «sorteggio». Nella mozione, approvata per acclamazione dai delegati, il passaggio sulla prescrizione è accompagnato da un generico riferimento a «ogni altra iniziativa per una strutturale riforma del processo penale, in ogni caso, indispensabile» che la politica avrà il compito di adottare.

«Basta attacchi sferrati in nome dell'opinione pubblica»

La parte più forte del documento è quella che ritorna sull’allarme per gli attacchi ai «singoli magistrati», che mettono in discussione un ordine «caposaldo della tenuta degli equilibri democratici del Paese. Purtroppo si continua a registrare la ricorrente tentazione da parte di esponenti politici di dolersi di iniziative o decisioni giudiziarie», recita testualmente la mozione, «iscrivendole, in modo allusivo o anche espresso, nella categoria degli attacchi politici o criticando le decisioni perché ritenute non conformi all’indirizzo politico del Governo o, addirittura, sentimento ella maggioranza dell’opinione pubblica». Ma non accettare che giudici e pm agiscono solo nel rispetto della legge e dei «principi dettati dalla Costituzione e delle fonti sovranazionali» significa «mettere pericolosamente in discussione l’assetto di una democrazia liberale, significa giocare in modo disinvolto con le garanzie i tutti i cittadini».

Il Csm non un «comitato per le carriere»

Un passaggio è dedicato al caso Palamara, che spinge l’Anm ha ribadire «a fronte dei gravi fatti emersi» la «centralità dell’etica della funzione giudiziaria» e a riaffermare «come prioritaria esigenza l’adempimento dei doveri di correttezza, trasparenza e decoro nell’esercizio della giurisdizione, in tutti gli organi di governo autonomo e nell’impegno associativo». Il Csm è «un insostituibile organo di garanzia» e non il «comitato incaricato di riconoscere o negare le aspettative di carriera dei singoli».

Sì alla «partecipazione» associativa, basta «odio» sulle «mailng list»

Fino a quell’estremo appello, alla necessità di «incentivare tutte le necessarie iniziative per favorire partecipazione, impegno comune e condivisione» per «rilanciare il ruolo del magistrato». Mentre «la pretesa di affermare la propria visione individuale si traduce, nei nostri tempi, in sgangherate urla, in anatemi e discorsi d’odio declamati attraverso i social network o le mailing list» e «si trasforma nell’effimera soddisfazione di demolire tutto ciò che non va, nella narcisistica rivendicazione della propria purezza e superiorità morale. Ma finisce lì, lascia per terra le macerie, senza fornire alcun contributo costruttivo». Un messaggio rivolto a una parte dei magistrati ormai fuori dalle correnti, ma evidentemente attivi nello scambio di idee. Forse la vera insidia, in un momento così difficile, per l’Anm.