Quando lo contattiamo telefonicamente è appena atterrato a Roma, di ritorno da una missione a Islamabad. «Abbiamo fatto degli incontri politici per provare a favorire l'export italiano in Pakistan, il quinto paese al mondo da un punto di vista demografico», spiega Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri del Movimento 5 Stelle. «Ma abbiamo parlato anche di flussi migratori. Stiamo provando a creare una piattaforma di cooperazione tra i ministeri per poter fare accertamenti e respingimenti con più celerità».

A proposito di flussi migratori, sulle coste italiane continuano ad arrivare decine di profughi provenienti dalla Libia. A che punto è la discussione sulla modifica del memorandum?

Essendo un accordo bilaterale, la palla non è solo nelle mani del nostro governo. Bisogna convocare la commissione congiunta Italia- Libia per ridiscutere alcuni termini dell'intesa. Il nostro obiettivo è di mantenere in vita il trattato, modificando però la parte riguardante il controllo e l'accoglienza dei profughi e affidare la gestione dei centri alle Nazioni Unite. Ma siamo ancora in attesa di capire quali siano le intenzioni dei libici.

L’interlocutore rimane al Serraj o esistono canali di comunicazione anche con Haftar?

Quando si parla di accordi bilaterali si discute col governo riconosciuto dalla comunità internazionale, che è quello di al Serraj. Poi è chiaro che un lavoro di intermediazione lo si fa con tutti gli attori presenti in Libia, ma sono interlocuzioni che hanno a che fare con la generale stabilizzazione del Paese.

Torniamo in Europa. Il M5S ha criticato la riforma del Mes, il fondo salva Stati. Perché temete questa revisione?

L'inquietudine è dovuta al fatto che la riorganizzazione del Mes non è inquadrata all'interno di un pacchetto più ampio di riforme. Quando si va a toccare un impianto fondamentale del funzionamento dell'Ue, come il meccanismo sulla stabilità, è necessario avere una visione generale, che va dalla concorrenza alla fiscalità. Non si possono fare riforme a compartimenti stagni.

Quindi il vostro problema non riguarda il Mes in quanto tale, ma l'assenza di una riforma generale?

Già durante il Conte 1, quando accanto al presidente del Consiglio sedevano Di Maio e Salvini e all'Economia c'era Tria, si era detto che ogni modifica sarebbe dovuta passare attraverso un processo di condivisione ampio, coinvolgendo l'intero Parlamento che poi dovrà esprimersi. E la nostra posizione non è cambiata da allora: riforme così importanti non possono essere decise tra pochi intimi a porte chiuse, perché riguardano il futuro di un Paese all'interno dell'Unione europea.

Il trattato però andrà ratificato entro dicembre. Perché non avete alzato la voce a giugno, quando ancora c'erano margini di manovra per alcune modifiche?

Da quel che mi risulta, il confronto sul Mes tra i leader di maggioranza - delle due maggioranze di governo che si sono alternate in questi mesi - c'è sempre stato. E l'accordo è sempre stato lo stesso: prima di firmare qualsiasi cosa riflettiamo bene tutti insieme. Quel dialogo è ancora aperto. Ma come dice Di Maio, noi non voteremo carte in bianco senza un ragionamento approfondito anche con gli altri partner europei. Faremo valere il nostro peso in Commissione. Quando fenomeni della polemica come Salvini ci accusano di tenere a galla coi nostri voti questa Europa non si rendono conto che proprio questa è l'arma a nostra disposizione per favorire l'Italia. Se invece, come la Lega, scegli di essere ininfluente, a Bruxelles non si fanno problemi a procedere senza di te.

Sul Mes potrebbero crearsi fratture con il Pd?

Sarà fondamentale l'intermediazione del presidente del Consiglio, sono sicuro che sarà in grado di dirimere la faccenda. In ogni caso, non credo sia una questione su cui si creeranno spaccature, ci sarà certamente un confronto intenso. Ma io non ho paura del dibattito se si portano al tavolo proposte, anche contrapposte.

Conte è ancora il presidente del Consiglio del Movimento?

È il presidente del Consiglio di tutto il governo. È stato scelto dal M5S, ma ciò non significa che detti la linea alla nostra organizzazione, è questo il grande fraintendimento. Abbiamo scelto lui perché lo riteniamo una persona seria, in grado di garantire un equilibrio di governo. Non pretendiamo che lui la pensi come noi, ma pretendiamo che non si mischi e si confonda la sua visione con la nostra, perché non è sempre coincidente.

Vi fidate ancora del premier?

Certo, piena fiducia, perché non dovremmo averne? Ha sempre dimostrato di saper mediare nell'interesse di tutti.

Due giorni fa il gruppo M5S all'Europarlamento si è diviso sul sostegno alla nuova Commissione targata Ursula von der Leyen: 10 sì, 2 no e 2 astenuti. Qualcuno si è pentito della scelta europeista fatta a luglio?

Chi ha votato in disaccordo ha di certo manifestato la propria insofferenza rispetto alla decisione del gruppo. È normale che ci siano temi divisivi e ce ne saranno probabilmente anche altri in futuro, l'importante è avere sempre i voti necessari a sostenere la Commissione.

Però il M5S aveva dato indicazione di voto favorevole...

È vero, però ci sono dei momenti in cui è giusto ascoltare il malumore interno e provare a capirne le motivazioni. Ho sempre avuto fiducia nell'operato dei nostri europarlamentari, che hanno dimostrato di saper lavorare molto bene in tutti questi anni. Non si può all'improvviso censurare chi ha espresso una posizione differente.

Il M5S esprime un ministro e un sottosegretario agli Esteri, ma con l'ambasciatore cinese va a parlarci Grillo. Perché?

Siamo davanti a una grande mistificazione. Beppe non ha incontrato l'ambasciatore cinese per conto del governo, ma perché ha una sua riconoscibilità pubblica. Ha chiesto un incontro e l'ha ottenuto, stop. Proprio come in passato ha incontrato l'ambasciatore statunitense e tanti altri diplomatici.

È vero, ma in passato era il capo di una delle maggiori forze politiche italiane, oggi quel ruolo è ricoperto da Di Maio...

Infatti, Grillo in questa occasione non ha mai detto di aver affrontato temi politici. Anzi, l'ambasciatore cinese, persona competente e esperta, quando vuole confrontarsi col governo italiano parla con i ministri, col presidente del Consiglio, o con i parlamentari.

È necessario un cambio al vertice per far sopravvivere il M5S?

Chi fa tanto si espone sempre. E Luigi è uno che lavora tanto e per questo sarà sempre oggetto di critiche. Ma meglio così, perché lui è uno che sa fare bene il suo lavoro.