Riccardo Puglisi, economista e professore all’università di Pavia, parte da un assunto: «La fusione di Fca con Peugeot è assolutamente positiva e dovrebbero accorgersene tutti, soprattutto al governo» .

Che invece è diffidente?

Non generalizzo, ma in Italia esiste un certo pregiudizio nei confronti delle imprese, condiviso soprattutto da buona parte dei 5 Stelle e dalla sinistra del Pd. Nella maggioranza hanno casa molti “decrescisti”.

Perchè la fusione è positiva?

Perchè, dal punto di vista della politica industriale, l’Italia ha il serio problema di avere imprese tutte di dimensioni medio- piccole. Data la struttura del mercato dell’auto, dunque, è un’ottima cosa che Fca si fonda con Peugeot e crei una multinazionale di dimensioni adeguate al mercato globale. Dico di più, questa è esattamente la linea di pensiero di Marchionne, il quale sosteneva che l’obiettivo era configurare un mercato con sei o sette grandi player.

Il premier Conte ha chiesto che si preservino i livelli occupazionali.

Mi sembra una preoccupazione lecita, ma a mio parere il tema va affrontato sulla base dei rischi intrinseci alla struttura stessa del mercato dell’auto. In altre parole: la questione è a quanto ammonta la domanda di automobili nel mondo. Aggiungo una considerazione: la conservazione dei livelli occupazionali diventerebbe meno rilevante se in Italia esistesse un sussidio universale di disoccupazione. Manca invece, perchè lo Stato spende per altro.

Esiste il rischio della delocalizzazione?

Da economista le dico che il rischio di delocalizzare la produzione può esistere ma l’alternativa, senza la fusione, sarebbe quella di una Fca troppo piccola e che arranca sul mercato. La fusione con Peugeot viene vista negativamente perchè il partner è straniero? In Italia non esistono imprese con cui Fca potrebbe fondersi.

Quale tipo di leva può esercitare lo Stato, in una trattativa di questo tipo?

Guardi, io sono dell’idea che lo Stato debba svolgere il ruolo di ausilio alla crescita economica complessiva. Certo, si potrebbe pensare ad interventi ad hoc, ma credo che lo Stato abbia prima di tutto l’interesse a creare un clima complessivo con cui l’imprenditore possa lavorare, non gravato da incertezze come quella sulla tassazione e in una realtà in cui si investe in infrastrutture e non in spesa corrente. In una parola: lo Stato dovrebbe intervenire in modo generalizzato per creare un ambiente favorevole alla produzione industriale.

Nessun intervento ad hoc, quindi?

L’unico sensato sarebbe il sussidio universale di disoccupazione. Al suo posto, invece, si è preferito approvare Quota 100 e il reddito di cittadinanza.

Alitalia, Ilva, Fiat: le posizioni aperte sul piano della politica industriale sono tante, oggi. Come si sta districando il governo?

Il governo ha un punto di debolezza evidente: agisce sempre ex post, con uno stillicidio di reazioni prodotte da scelte fatte senza una pianificazione. In sintesi, mi sembra che ci si muova in ottica di breve termine, di azione e reazione. Inoltre, come nel caso di Alitalia, l’errore madornale è quello di mettersi sulla difensiva.

Per Alitalia sembra impossibile trovare una soluzione.

Si tratta di una compagnia improduttiva, che brucia cassa in modo impressionante e senza alcuno spiraglio di uscita. La cosa più semplice da fare era liquidarla, invece lo Stato si è messo sulla difensiva, appunto. La domanda vera, invece, è: a cosa ci serve una compagnia di bandiera? A nulla. Quello che serve è investire in settori in cui la produttività cresce, non proteggere settori oggettivamente deboli.

Sul piano della politica industriale, meglio il governo gialloverde o quello giallorosso?

In un giudizio comparativo tra le leggi di Bilancio 2019 e 2020, quella del governo Conte II è la migliore. L’esecutivo precedente ha aumentato la spesa corrente con il reddito di cittadinanza e quota 100, mentre l’attuale ha neutralizzato le clausole di salvaguardia. Avrebbe potuto e dovuto far meglio, però, riducendo quota 100 per evitare il salto dell’età pensionabile nel 2022 e agendo in modo più incisivo sul piano della spanding review: solo così i tagli di imposta sarebbero stati credibili.

Esiste un intervento che potrebbe aiutare a risollevare la nostra economia?

Sul fronte della tassazione, bisognerebbe sgravare il settore immobiliare. Questo settore, in particolare in Italia, è strategico perchè la nostra ricchezza immobiliare è pari al 70% della ricchezza totale, ma l’ultimo ad aver fatto qualcosa è stato il governo Renzi, che ha tolto l’imu sulla prima casa. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una forte crisi: i prezzi degli immobili calano da dieci anni e questo ha effetti sui consumi, sugli investimenti in costruzioni, sulle garanzie bancarie che valgono sempre meno e sulla difficoltà di operare dismissioni da parte della pubblica amministrazione. In sintesi, continuare a maltrattare questo settore significa danneggiare ulteriormente un organo cruciale e già malato.