di Giorgio Cavagnaro

Quello di seguire la pista del denaro è un consiglio brutale, poco romantico ma molto saggio, reso popolare da una famosa frase del film Tutti gli uomini del Presidente. Lo ricordate? Parlava dello scandalo Watergate e di come due giornalisti ( allora c’erano), Bob Woodward e Carl Bernstein, misero spalle al muro Richard Nixon seguendo il flusso monetario della sua corruzione. Teniamolo presente, mentre riflettiamo su come sia stato possibile che l’Italia cadesse, in un tempo spaventosamente breve, in mano a movimenti politici di livello davvero infimo. Le condizioni ideali perché ciò avvenisse esistevano, questo va detto. Un pauroso deficit culturale soprattutto, indotto da anni di controllo quasi totale dei media da parte di Silvio Berlusconi e non adeguatamente fronteggiato da chi avrebbe dovuto e potuto varare quella legge sul conflitto d’interessi che ancora oggi latita. La deleteria disattenzione nei confronti di tutto ciò che, scuola in primis, costituisce la base di una crescita intellettuale a livello nazionale. Infine, l’innegabile scadimento progressivo della qualità individuale in campo politico. Ma in questo scenario, che cosa ha davvero svolto un ruolo decisivo per sgominare il campo da sinistra a destra, piantando sull’Italia una bandiera ben difficile da sradicare?

La risposta è sempre la stessa: il denaro. Come ai tempi di Berlusconi, ma anche ai tempi del piano Marshall, che ricostruì l’Italia, e dell’eterna opposizione che ne fu contraltare puntuale, in un equilibrio che durò fino alla caduta del muro di Berlino. La Dc e il Pci, Don Camillo e Peppone che recitano il loro ruolo con diligenza, in un gioco delle parti durato più di quarant’anni. Un gioco che poteva contare su un doppio flusso di denaro impressionante, ma necessario al mantenimento di un ordine mondiale indiscutibile, deciso a Yalta nel 1945, sulle macerie ancora fumanti della tragedia europea. Un grande del passato disse «Io so, ma non ho le prove». Citando indegnamente Pier Paolo Pasolini credo che, osservando col dovuto distacco l’odierno caos italiano, i fatti del passato siano leggibili oggi con una certa chiarezza, e che soprattutto forniscano gli strumenti per inquadrare con una certa precisione il presente. Presente che vede ancora Russia e Stati Uniti nazioni leader del mondo, guidate oggi da due falchi come Vladimir Putin e Donald Trump, per nulla interessati a volere un’Europa forte. Al contrario, è evidente il costante lavoro di demolizione, svolto quasi alla luce del sole tramite emissari come Alexander Dugin e Steve Bannon, del progetto europeo. Progetto già arduo da realizzare per conto suo, tra i mille contrasti ideologici ed economici che lo attraversano, ma unica via concreta per la sopravvivenza del bene supremo, la libertà.

Pensate che per raggiungere questo scopo bastino quattro elmi con le corna e un gruppo di fanatici sventatelli?

Io no. Penso che servano tanti, tanti soldi. Una montagna di soldi. Ed è facile individuare chi ne può disporre, a livello mondiale, e abbia contemporaneamente il movente valido per investirli.