«Guardo con particolare attenzione al percorso parlamentare che sta per avviarsi, proprio in Senato, in relazione al ddl» che sancisce il «riconoscimento costituzionale dell’avvocato». Le parole sono di Maria Elisabetta Alberti Casellati. Dalla seconda carica dello Stato arriva dunque un sostegno convinto alla riforma, incardinata proprio nel ramo del Parlamento da lei presieduto. In una lectio magistralis tenuta ieri a Bologna, Casellati ricorda sia «l’imprescindibilità» del difensore quale «titolare della difesa tecnica nel processo» sia la sua «valenza irrinunciabile sul piano della sua necessità sociale». La presidente del Senato ne parla nel quadro di una riflessione sul «giusto processo» : il riconoscimento dell’avvocato nella Costituzione, ricorda, sancirebbe «la possibilità per il difensore di esercitare la propria attività in posizione di libertà, autonomia e indipendenza: condizioni imprescindibili per garantire la parità tra le parti coessenziale al giusto processo».

Maria Elisabetta Alberti Casellati è stata convinta fautrice della legge professionale forense. Lo ricorda lei stessa quando spiega che «il riconoscimento costituzionale dell’avvocato» consentirebbe di affermare nella Carta «principi già formalmente sanciti» nella legge del 2012. C’è dunque una lineare coerenza nelle parole con cui ieri la presidente del Senato ha detto di guardare «con favore» all’avvocato in Costituzione. E certo rispetto all’iter del testo sul rilievo della professione forense, le dichiarazioni della seconda carica dello Stato assumono un valore notevolissimo, considerato che, come lei ricorda, quel percorso parlamentare «sta per avviarsi proprio in Senato».

Casellati parla a Bologna, alla Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione. Tiene una lectio magistralis su “Il sistema delle garanzie nel quadro dei principi costituzionali”. Affronta i nodi che affliggono il processo penale, dagli errori giudiziari ( «ce ne sono quasi mille all’anno, dietro ogni singolo caso bisogna ricordare che si cela un dramma umano» ) all’irragionevole durata dei processi, e alla necessità di porvi rimedio «con una condivisione dei problemi e un confronto collaborativo sulle possibili soluzioni». Ma il quadro che Casellati disegna della giustizia è completo solo se si attribuisce il dovuto valore alla professione forense. Parte dal «principio di parità», che «non può non portare a interrogarsi sulla possibilità di giungere al riconoscimento costituzionale dell’avvocato quale titolare della difesa tecnica nel processo». All’equilibrio nella giurisdizione e all’opportunità di mettere il difensore sullo stesso piano del magistrato, la presidente del Senato affianca l’altra considerazione decisiva, vale a dire la «valenza irrinunciabile» che la professione forense ha «acquisito nel tempo» tanto sul piano della «assistenza legale» quanto, e «soprattutto», su quello della «sua stessa necessità sociale». È per queste ragioni che, spiega Casellati, «guardo con particolare attenzione al percorso parlamentare che sta per avviarsi, proprio in Senato, in relazione al disegno di legge di modifica integrativa dell’articolo 111 della Costituzione».

La seconda carica dello Stato lo fa dunque in continuità con l’azione svolta da sottosegretario alla Giustizia, in ossequio ai principi già introdotti nell’ordinamento con la legge professionale forense, i quali «trovano puntuale riscontro nel diritto internazionale e nella legislazione sovranazionale, che riconosce alla difesa tecnica una funzione imprescindibile per l’esplicazione del più generale diritto di difesa». Che tale funzione sia centrale per la democrazia lo afferma, aggiunge la presidente del Senato, anche la Corte costituzionale «che ha più volte evidenziato la rilevanza pubblica del ruolo dell’avvocatura anche in relazione all’articolo 24 della Costituzione e alla sua finalità essenziale di garantire a tutti la possibilità di agire a tutela delle proprie ragioni».

Casellati assume una posizione destinata ad avere peso nel percorso della riforma. Era stata lei, nella scorsa primavera, ad assegnarla alla commissione Affari costituzionali, dopo che il testo era stato depositato dai capigruppo dei due partiti della precedente maggioranza: l’attuale ministro Stefano Patuanelli, del Movimento 5 Stelle, e il leghista Massimiliano Romeo. Adesso è particolarmente urgente dare impulso all’iter, sembra voler segnalare Caesllati, anche considerato che «la modifica dell’articolo 111 introdurrebbe in Costituzione la possibilità per l’ avvocato di esercitare la propria attività in posizione di libertà, autonomia e indipendenza: condizioni imprescindibili per garantire proprio quella parità tra le parti coessenziale alla natura del giusto processo». Obiettivo tanto più prioritario ora che il processo penale è oggetto di una riforma a lungo attesa.

La presidente del Senato d’altra parte non fa alcun esplicito riferimento alla discussione in corso nella maggioranza sulle regole del giudizio e in particolare sulla prescrizione. Ricorda però, prima di soffermarsi sul rilievo dell’avvocato, la necessità di «dare attuazione alle garanzie costituzionali». Vuol dire innanzitutto superare l’anomalia che vede «circa il 20 per cento dei procedimenti incardinati nei Tribunali e oltre il 40 per cento di quelli presso le Corti d’appello a rischio di risarcimento ex legge Pinto». Un’anomalia «ancora più grave perché non coinvolge solo i diritti dell’imputato: il mancato rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata nuoce soprattutto alle aspettative e ai diritti delle parti offese». Una ragione, secondo Casellati, per uno sforzo comune a tutela dei diritti, di cui proprio l’avvocato è l’insostituibile garante.