È giunto il momento di razionalizzare il sistema dei reati militari e della giurisdizione militare. A pensarlo sono gli avvocati, in particolare i penalisti, specializzati in questo particolare settore, che nei giorni scorsi hanno suscitato l’interesse della commissione Giustizia di Montecitorio. Alla Camera, infatti, sono stati auditi i rappresentanti della Camera penale militare (Cpm), recentemente costituita, nell’ambito dell’esame di due diverse proposte di legge, d’iniziativa rispettivamente dei deputati Edmondo Cirielli (FdI) e Giovanni Luca Aresta (M5s), di modifica dell’articolo 37 del codice penale militare di pace. Punto di partenza, ovviamente, la rivisitazione del concetto di “reato militare”.

Attualmente l’articolo in questione stabilisce che è reato militare “qualsiasi violazione della legge penale militare”. Inoltre, indica come reato esclusivamente militare “quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto in parte preveduto dalla legge penale comune”.

In pratica, per configurarsi il reato militare non è sufficiente che questo reato sia stato commesso da un militare in un luogo militare e nei confronti, o a danno, di un altro militare, ma deve esistere una specifica fattispecie prevista dalla legge penale militare.

Oltre a ciò, il codice penale militare presenta diverse particolarità. Ad esempio, è reato militare l’omicidio tra militari di diverso grado e non quello commesso tra pari grado, pur se commesso per cause di servizio; è reato militare la lesione volontaria e non quella colposa.

I Tribunali militari hanno oggi giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. Nei conflitti fra giurisdizione penale militare e giurisdizione penale ordinaria, la prima, però, è sempre soccombente in base alle regole sulla connessione dei procedimenti.

La modifica proposta dalla Camera penale militare, presieduta dall’avvocato Saveria Mobrici, punta appunto all ampliamento del reato militare. “È reato militare ogni violazione della legge penale militare o della legge penale comune, commessa da un militare o da un appartenete alle Forze armate, ai danni di un altro militare o della pubblica amministrazione, per ragioni attinenti al servizio o alla disciplina militare”.

Se fosse approvata tale modifica, il primo effetto sarebbe di spostare sulla giurisdizione militare il contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria e, di conseguenza, riequilibrare il carico di lavoro dei magistrati militari. Poi, si eviterebbe che il militare indagato sia sottoposto a due procedimenti davanti a diverse autorità giudiziarie.

La riforma verrebbe accolta con grande favore anche dai magistrati militari che, al contrario dei loro colleghi ordinari che aspirano ai “carichi esigibili” in quanto travolti dai fascicoli, hanno una terribile fame di fascicoli.

“Fateci lavorare di più”, ha ricordato recentemente Gabriele Casalena, presidente dell’Associazione nazionale magistrati militari e presidente di sezione del Tribunale militare di Roma, affermando che i giudici con le stellette sono già pronti a gestire senza problemi numero di procedimenti doppio rispetto a quello attuale.