Le notizie che provengono dal Sol Levante sono sempre stravaganti. La fantasia e il senso dell’iperbole contraddistinguono quest’isola che sembra una fucina per l’immaginazione a ruota libera. In ogni settore, nel bene e nel male. Più spesso nel male, seguendo la flasa riga della discriminazione sessista: le donne giapponesi non possono infatti indossare gli occhiali sul posto di lavoro.

Non esiste nessuna legge al riguardo ma nelle ultime settimane migliaia di tweet di professioniste giapponesi in tutti i campi lavorativi hanno denunciato ai mass media quest’ultima fantasiosa discriminazione di genere concepita dai dirigenti delle grandi aziende private. Adducendo ognuna una motivazione particolare.

Le compagnie aeree affermano ad esempio che si tratta una questione di sicurezza. Le aziende cosmetiche spiegano che i clienti non distinguono il make- up dietro gli occhiali delle impiegate. Le catene di hotel sostengono invece che una receptionista con gli occhiali trasmette una sensazione fredda e poco accogliente. I locali e i ristoranti formali che gli occhiali non si sposano con il kimono o gli abiti tradizionali, che portare gli occhiali potrebbe essere percepito come un segno di maleducazione. Le infermiere infine, le infermiere! Ispirerebbero meno fiducia ai pazienti senza occhiali che con gli occhiali. E quindi lenti a contatto per tutte quante e secchezza oculare per tutti i gusti!

Che gli occhi sono lo specchio dell’anima è risaputo. Per chi li indossa è evidente che gli’occhiali rappresentano uno scudo. Quando abbiamo una persona di fronte e ci togliamo gli occhiali, notiamo la differenza, come di esserci denudati tutto d’un tratto. Non indossare occhiali ècome dire «mi scopro, puoi fidarti, non mi nascondo».

Ma perché le donne non possono portare occhiali e gli uomini si? È quel che denuncia la scrittrice e attrice Yumi Ishikawa che a inizio anno aveva lanciato una campagna su Twitter contro l’obbligo di tacchi alti al lavoro per le donne professioniste. La campagna che aveva fatto il giro del mondo si chiamava # KuToo e giocava con caratteri giapponesi scarpa ( kutsu) e dolore ( kutsu). «La questione degli occhiali é esattamente la stessa di quella dei tacchi alti, una discriminazione per il solo sesso femminile» ha commentato Yumi Ishikawa.

La nuova campagna, # glassesban, che boicotta il divieto di portare occhiali a lavoro ha già raccolto piú di 31mila tweet. Lo scorso giugno il governo di Shinzo Abe avrebbe dovuto votare una legge per bandire l’obbligo per le donne di portare tacchi alti al lavoro. Ma il voto non è mai arrivato e invece sono arrivate le dichiarazioni dell’ex ministro del Lavoro e del Welfare Takumi Nemoto che ha sottolineato come le aspettative estetiche sul posto di lavoro sono «necessarie nonché appropriate».

Secondo l’ultimo studio del World Economic Forum, il Giappone si troverebbe al posto 110 su 149 per discriminazioni di genere, ben dietro paesi ritenuti “piú arretrati”.