È stato il presidente del Senato cileno, Jaime Quintana ad annunciarlo: nell'aprile del 2020 si terrà un referendum che dovrebbe portare alla stesura di una nuova Carta costituzionale. Giunge così al suo epilogo il drammatico periodo di manifestazioni e scontri che ha sconvolto il paese, facendolo ritornare indietro ai tempi del golpe del generale Augusto Pinochet. Il coprifuoco e l'esercito non hanno mai fatto scemare l'ondata popolare che ha invaso le strade delle maggiori città cilene a partire dal 18 ottobre scorso, quando fu annunciato un aumento del prezzo dei trasporti pubblici.

L'intesa sul referendum è stata raggiunta tra gli 11 partiti di maggioranza e opposizione che siedono al Congresso di Santiago dopo una lunga nottata di trattative. Quello che è stato firmato congiuntamente è stato chiamato “Accordo per la pace” e ha stabilito su quali quesiti si dovranno esprimere i cittadini. Le domande saranno due: se si ha intenzione di modificare la Costituzione in vigore dal 1980, al tempo della dittatura, e in che modo procedere.

Nel primo caso si riscriverà la Carta su un “foglio bianco” cioè interamente, si deve poi decidere se a farlo dovrà essere il 100% di delegati eletti o un numero diviso al 50% tra eletti e nominati. Dipenderà dal contenuto della nuova Costituzione in cui dovranno essere presenti le rivendicazioni portate avanti dal movimento di protesta. Il Cile è infatti un paese dalle fortissime diseguaglianze sociali, con bassi salari e alti costi per istruzione e assistenza sanitaria, l'economia è nelle mani di poche famiglie ricche.

La Costituzione attuale non impone allo Stato di provvedere a tali bisogni dei cittadini. Il presidente Pinera all'indomani della sua elezione, lo scorso anno, aveva fatto sapere che non avrebbe messo mani alla Carta contraddicendo l'intenzione del suo predecessore, la socialista Michelle Bachelet. Ma ha dovuto comunque cedere alla piazza.

I sondaggi che hanno mostrato come il 75% dei cileni fosse d'accordo con il movimento di protesta malgrado le violenze e che un numero ancora superiore ( l' 87%) aspirasse a riscrivere le regole per il governo del paese. Il prezzo pagato è stato molto alto: almeno 20 i morti nel corso degli scontri con i Carabineros e l'esercito, l'Istituto nazionale per i diritti umani ha avviato un'indagine e un'azione legale su almeno 180 casi di violazioni, si parla di presunti omicidi, violenza sessuale e torture.