«È un costo sociale. Ecco perché sul disagio delle vittime di reato, investire risorse è persino conveniente. Migliorare la loro qualità della vita significa anche metterle in condizione di favorire un più veloce accertamento giudiziario». Aleksandra Ivankovic, direttore di Victim support Europe, disegna con semplicità un modello ideale. Lo fa perché invitata al convegno di “Dafne”, la Rete nazionale per l’assistenza alle persone colpite da chi viola la legge, che raccorda le attività a loro tutela svolte da soggetti pubblici e dal privato sociale. Ivankovic offe il paradigma che i promotori del convegno organizzato ieri mattina a Roma, a Palazzo Giustiniani, intendono suggerire al legislatore.

E a intervenire sono anche diversi parlamentari, a cominciare dalla vicepresidente di Palazzo Madama Anna Rossomando. L’obiettivo di Rete Dafne è tradurre il modello volontaristico offerto da diversi anni in un vero e proprio servizio nazionale di assistenza, autonomo e forte sulla scorta di quanto già avviene in gran parte d’Europa, «tranne che da noi e in pochissimi altri Paesi, tra cui Romania, Bulgaria e Cipro», ricorda Marco Bouchard, presidente onorario di Dafne Italia.

Passare dunque da un’articolazione molecolare e disomogenea a una struttura pubblica. Non è una mera aspirazione, come dimostra Donatella Donati, della direzione Affari penali di via Arenula, dov’è istituito un Tavolo di coordinamento dei servizi già attivi. Ma come si può migliorare una simile offerta di giustizia? Anche grazie agli avvocati. Che espongono la loro proposta attraverso la consigliera segretaria del Cnf Rosa Capria, intervenuta all’incontro: «Da diversi anni tutti i Consigli dell’Ordine offrono degli sportelli al cittadino.

Si tratta di strutture rivolte a informare le persone sui loro diritti e sull’accesso alla giurisdizione. Ma», fa notare Capria, «si rivelano utilissimi anche come occasione attraverso cui vittime di reati anche gravi scoprono di esserlo». Curiosità nell’affollata sala. Spiega la rappresentante della massima istituzione forense: «La donna che si rivolge allo sportello del Coa per chiedere lumi su una causa di separazione scoperchia in tanti casi uno scenario familiare pesantissimo di violenze e maltrattamenti, e si rende conto solo così di essere effettivamente vittima di reati. Stesso discorso vale per l’anziano che si rivolge all’Ordine per comprendere in che modo recuperare somme di denaro perdute e che così rivela, anche a se stesso, di aver subito una truffa. L’informazione e la consapevolezza sono decisive».

È il tassello che completa l’ideale sostegno alle vittime da costruire nel Paese. Integra le risorse economiche necessarie, oltre che per l’assistenza legale, anche per servizi come quelli sanitari, di cura e assistenza psicologica «e di protezione nei casi più gravi», ricorda Bouchard. Una legge è indispensabile. E a ricordarlo è prima di tutti il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, che assicura l’impegno del suo dicastero «per tradurre un’attività come quella di Rete Dafne in un testo normativo». Va assicurata una giustizia intesa non come «vendetta» ma quale sostegno per rimettersi in cammino.