«Bisogna fare di tutto per salvare Ilva». L’appello arriva dall’opposizione e a lanciarlo è Claudio Durigon, parlamentare leghista ed ex sottosegretario al Lavoro con un lungo passato da sindacalista nell’Ugl.

Come valuta la gestione della crisi dello stabilimento di Taranto da parte del governo?

Il governo, e dico purtroppo, è sotto scacco dell’isterismo dei 5 Stelle. E’ stato per colpa di una loro iniziativa che si è tolto lo scudo penale ad Arcelor Mittal e questa sciocchezza ha ottenuto un unico risultato: dare un pretesto all’azienda per andarsene. Ora è impellente che si trovi il bandolo della matassa per risolvere il problema nel più breve tempo possibile.

Una parte del governo è pronta a rimettere lo scudo.

Il premier Conte e il Pd sono pronti a reinserirlo, ma i 5 Stelle continuano a dire altro. Questo è un dato eclatante e a questa diversità di vedute abbiamo assistito tutti in Parlamento. Esiste una frattura sempre più larga tra il Movimento e il presidente del Consiglio e questo genere diffidenza anche all’esterno, in sede contrattuale.

Teme che l’Ilva venga spenta?

Le rispondo così: non ci possiamo permettere che venga spenta. Il nostro Paese è a crescita zero e perdere Ilva significa farci diventare una nazione di serie B. Bisogna fare qualsiasi cosa e dico qualsiasi, pur di scongiurare questo esito, che sarebbe deleterio non solo per il lavoro, ma anche per l’ambiente.

In che senso?

Si immagini quale danno ambientale provocherebbe una struttura mastodontica come quella di Ilva, se si fermasse. Per bonificare l’area servono risorse, altrimenti si correrebbe il rischio di creare l’ennesimo ecomostro. Anche per questo è assolutamente fondamentale che i forni di Taranto rimangano accesi: l’ambiente si salvaguarda con gli investimenti previsti dal contratto attuale, che prevede la messa in sicurezza del sito.

L’ipotesi di nazionalizzare la fabbrica le sempre percorribile?

In questo momento nazionalizzare significa un dispendio di soldi ed energie difficilmente sostenibile per lo Stato. L’unica soluzione possibile ed efficace è quella di salvare il contratto attuale, che garantisce sia il lavoro che la tutela ambientale.

Da ex sindacalista, come si stanno muovendo i sindacati?

Loro giustamente fanno sciopero e puntano prima di tutto a salvaguardare l’occupazione. Le risposte d’insieme, però, spettano al governo e alla politica.

Il ministro Patuanelli ha lanciato un appello a tutti, opposizioni comprese, ad essere compatti per salvare lo stabilimento. La Lega lo accoglie?

Noi siamo prontissimi a fare tutto il possibile per salvare Ilva, votando quel che c’è da votare e anche portando emendamenti nostri per contribuire. Questo è il momento di agire a prescindere dai colori politici. Spiace, tuttavia, constatare che il governo non ha mai ascoltato i nostri appelli e lavorare sempre in emergenza non aiuta a trovare le soluzioni migliori. E, soprattutto, sarebbe importante far capire ai 5 Stelle che la radicalizzazione dei problemi non aiuta.

Il governo gialloverde cadde all’indomani della Tav...

Si, ma noi abbiamo retto fino a quando la Tav non è stata approvata e il suo progetto approvato definitivamente. Il Pd, con l’Ilva, avrebbe dovuto fare lo stesso e non cedere al primo ricatto dei grillini pur di garantire la temporanea stabilità del governo. Come si vede, poi i nodi vengono al pettine.

Questo governo potrebbe cadere proprio in seguito a questa crisi?

Non sarebbe l’Ilva a far cadere il governo, ma l’andamento complessivo di questo Esecutivo che non va d’accordo su nulla. E’ davvero difficile andare avanti quando non c’è la stessa visione di fondo.

Se non sull’Ilva, l’Emilia sarà il banco di prova della spallata leghista?

Guardi, io mi limito a dire che spero che la crisi arrivi presto e che noi saremo pronti a dare risposte ai cittadini. Del resto, che questo governo sia distante dalle istanze degli italiani lo dimostrano sia le urne che i sondaggi.