Ventiquattro ore di sciopero non solo a Taranto, ma in tutti gli stabilimenti di Arcelor Mittal. I sindacati hanno scelto: è mobilitazione, perchè la multinazionale «ha posto delle condizioni provocatorie e inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate e la richiesta di licenziamento di 5.000 lavoratori, oltre alla messa in discussione del ritorno a lavoro dei 2.000 attualmente in amministrazione straordinaria».

Per Fim Fiom e Uilm le prossime ore saranno «decisive» per il futuro di migliaia di lavoratori dell’acciaieria e hanno avanzato le loro richieste non solo all’azienda ma anche al governo, cui è stato chiesto di «non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano Ambientale nelle scadenze previste».

Cgil, Cisl e Uil hanno incontrato ieri a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha convocato un tavolo isituzionale dopo aver incontrato il presidente della Repubblica, e gli hanno ribadito che condizioni «devono, inoltre, includere lo scudo penale limitato all’applicazione del Piano ambientale e il ritiro di qualsiasi ipotesi di esuberi».

L’appello a governo e multinazionale è chiaro: «Dobbiamo scongiurare che a pagare il prezzo delle scelte scellerate di azienda e politica siano sempre i lavoratori». Il segretario generale Fim, Marco Bentivogli, ha commentato polemicamente l’appello del ministro Stefano Patuanelli, che ha invitato tutti alla responsabilità: «Il sindacato ha sempre raccolto questo appello, ora lo rivolga alla politica e soprattutto al governo, che mi risulta non sia così unito sulla necessità di ripristinare lo scudo penale».

L’attacco è rivolto ai partiti di governo ma soprattutto ai 5 Stelle: «Prima di rivolgere un appello al Paese, bisogna guardarsi in casa e fare in modo che chi ha costruito questo disastro sia assolutamente disponibile a costruire le condizioni per risolverlo». Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha definito la vicenda Ilva come «una prova per la politica ma anche una prova per la credibilità industriale del nostro Paese». Per questo ha chiesto ai sindacati e a tutte le forze politiche di condividere la battaglia.

«Basta speculare sulla pelle di quelli che per vivere hanno bisogno di lavorare».

Carmelo Barbagallo, segretario Uil, ha ribadito che «bisogna ristabilire il piano industriale con gli occupati e la produzione che avevamo previsto. Si devono rimettere le condizioni che erano state previste, scudo legale compreso».