«Non è più rinviabile il progetto di riforma ordinamentale della magistratura». Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede lo ha detto ieri nel suo intervento al corso straordinario della Scuola superiore della magistratura presso la sede della Banca d’Italia. È tornato così su un tema aperto da tempo, richiamato nel programma di governo anche del primo governo Conte e ora destinato a essere definito con la riforma del processo in via di elaborazione a via Arenula. Quella dell’ordinamento giudiziario, in particolare, è una riforma necessaria «anche alla luce dei gravi fatti emersi la scorsa primavera» ha aggiunto il guardasigilli, a proposito dell’inchiesta di Perugia che ha coinvolto l’ex presidente dell’Ann Luca Palamara e cinque togati del Csm, poi costretti alle dimissioni. «Si è trattato di azioni gravissime - ha detto Bonafede - che hanno danneggiato prima di tutto la stragrande e silenziosa maggioranza dei magistrati. Ora è necessario rafforzare gli strumenti che ne garantiscono l’indipendenza, ostacolando ogni ingerenza della politica: ciò sarà possibile», secondo il ministro, «soltanto bloccando, una volta per tutte, le cosiddette ‘ porte girevoli’ tra politica e magistratura e individuando sistemi di incompatibilità per i membri del Csm e per i magistrati fuori ruolo», ha proseguito il guardasigilli, ricordando infine che «il merito deve essere il parametro esclusivo nella crescita professionale del magistrato».

Sul punto va ricordato che ad ogni legislatura vengono presentare riforme in tal senso. Nel 2013, addirittura, venne elaborato al Senato un testo bipartisan, del quale erano firmatari Pierantonio Zanettin ( FI) e Felice Casson ( Pd), poi finito alla Camera su un binario morto.

Anche il vicepresidente del Csm, David Ermini si è dichiarato favorevole ad una riforma dell’organo di autogoverno delle toghe. «Ma non al sorteggio», ha puntualizzato. «Il Csm è pronto a interventi di autoriforma che incidano sulla propria organizzazione, evitando comunque, come nel caso del sorteggio, norme di dubbia legittimità costituzionale», ha ribadito Ermini, auspicando che venga favorito «l’accesso degli esponenti maggiormente dotati, sul piano scientifico e culturale, della magistratura, dell’accademia e del Foro».