La «nuova Tangentopoli milanese», come tra gli altri la definì Luigi Di Maio, è già finita. Cala per il momento il sipario sulla maxi inchiesta denominata “Mensa dei poveri”. Mercoledì prossimo tornerà in libertà, dopo le scarcerazioni delle scorse settimane, anche Piero Tatarella, ex capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino ed ex candidato alle ultime Europee, e Mauro Tolbar, imprenditore novarese, titolare di una società di consulenze.

Il gip del Tribunale di Milano, Raffaella Mascarino, ha rigettato la richiesta della Procura di sostituire con una misura meno afflittiva, come l'obbligo di dimora o di firma, l’attuale misura detentiva di cui ha, invece, dichiarato l'inefficacia per scadenza termini.

Era il 7 maggio quando la Dda di Milano diede il via alla retata che decapitò, alla vigilia delle elezioni europee, i vertici di Forza Italia. Tra le 28 persone arrestate, oltre a Tatarella, Fabio Altitonante, coordinatore azzurro di Milano e sottosegretario in Regione Lombardia. I Pm avevano chiesto anche l’arresto, respinto dalla Camera, del deputato forzista Diego Sozzani.

Per i magistrati milanesi Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri, coordinati dall'aggiunto Alessandra Dolci, l’accusa era quella di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al finanziamento illecito. Secondo il gip, nella richiesta della Procura, «non vengono esplicitate in alcun modo le esigenze cautelari» che legittimerebbero l'adozione di un provvedimento alternativo come quello proposto dai Pm, quasi alla scadenza del termine di custodia cautelare dei sei mesi e del quale mancherebbero i ' presupposti'. Inoltre, si legge ancora nell'ordinanza, si considera «che il tempo decorso rispetto al momento» in cui furono arrestati «e la puntuale osservanza degli obblighi (...) consente di ritenere che gli indagati abbiano tratto dall'esperienza giudiziale un sufficiente monito per astenersi, nel futuro, dal commettere altri reati della stessa specie», e quindi ritornano liberi.

Rimane ai arresti domiciliari l'imprenditore Daniele D'Alfonso, al quale è stato però cambiato il capo di imputazione, e cioè di aver favorito la ' ndrangheta tramite il clan dei Molluso. Altitonante, tornato in libertà da mesi dopo che il Riesame aveva smontato gran parte delle accuse, ha già ripreso il suo posto al Pirellone. Con gli imputati liberi sfuma la possibilità per la Procura di chiedere il giudizio immediato. La speranza, a questo punto, è che qualcuno decida di patteggiare confermando le tesi dell’accusa. I tempi dell’indagine, ad oggi ancora in corso, avevano sollevato perplessità nel Pd milanese.