In attesa di vedere il suo ultimo film alla Festa del cinema di Roma, John Travolta domina la scena in un incontro ravvicinato sul palco.

In attesa di vedere il suo ultimo film The Fanatic, domenica 27 ottobre, alla Festa del cinema di Roma, nel sesto giorno della manifestazione, John Travolta domina la scena in un incontro ravvicinato sul palco con il direttore artistico Antonio Monda e in una conferenza stampa dove torna indietro nel tempo, dagli inizi di carriera fino a quest’ultima pellicola. Partendo da La Febbre del Sabato sera, John Travolta descrive il suo approccio alla vita, vivendo il presente «senza rimpiangere il passato».

In The Fanatic interpreta un ruolo diverso, incarnando la paura di essere vittima di qualcuno? È mai stata questa una sua paura?

Questo ruolo innanzitutto è il personaggio che preferisco in assoluto rispetto a tutti quelli interpretati finora perché riflette alcune delle mie nascoste passioni. Capisco cosa significhi essere un fanatico quindi non è tanto la paura di essere un attore perseguitato da un fan ma il riflesso di quello che io apprezzo dell’essere posseduto dalla presenza di un’altra persona che ami, chiunque sia la persona che ti fa scatenare l’entusiasmo.

Che effetto le fa pensare di aver definito una generazione con alcuni suoi film?

Sicuramente sono molto orgoglioso di aver realizzato film che hanno lasciato un segno e che questo segno rimanga nel corso dei decenni, per cui è molto importante per me fare un film che consenta al pubblico di goderne a prescindere da quando lo guarda. Se prendi La strada per esempio, puoi godertelo sempre, nel 1978, nel 1998, è senza tempo e per me è un privilegio far parte di film senza tempo.

Pulp Fiction non ha tempo, puoi godertelo in qualsiasi momento.

Rispetto ai tanti film che ha fatto in passato, qual è quello a cui si sente più legato?

Credo che i miei tre film più memorabili e senza tempo siano Grease, Pulp Fiction e La febbre del sabato sera, sono molto orgoglioso di tutti e tre. La verità è che la vita di una persona è un mosaico di arte, esperienza, un collage di molte cose e ci sono i pezzi che preferisci e quelli che ti danno la sensazione di essere senza tempo. Questi film hanno queste caratteristiche.

È stato difficile fare i conti da giovane con un grandissimo successo come La febbre del sabato sera?

No! La mia famiglia veniva dal teatro, dall’arte e quando sono arrivato a una performance che ha consentito al mondo di entrare nella mia vita, l’ho accolto come avrebbe fatto la mia famiglia. Non voglio dire di non essermi sentito umile ma l’ho accolto chiedendomi cosa avrei potuto fare dopo e ho accettato il successo come un invito a fare di più, a creare di più. Tutto ciò mi ha permesso di fare cose tante e diverse. Prendete The Fanatic ad esempio, un film piccolissimo ma che mi ha dato la possibilità di affrontare tematiche interessanti.

Che rapporto ha con l’Italia, con le sue origini?

Mio nonno nel 1922 è arrivato negli Stati Uniti su una nave dalla Sicilia, mia nonna qualche anno più tardi da Napoli. Travolta era il nome sul registro degli Stati Uniti ma in Sicilia, di Travolta non ne ho trovati anche se un certo senso questo mi rende unico.

Le piace ancora ballare e che ballo farebbe oggi Tony Manero?

Di recente ho fatto un favore a un carissimo amico, il cantante e rapper Armando Perez e ho ballato il tango nel video della sua Free to tango. Se siete annoiati, andatelo a guardare. Tony Manero ballerebbe il tango oggi e sì, ballo ancora, anche perchè il video è recente, risale a tre mesi fa.

Può condividere con noi ricordi dall’esperienza sul set di uno dei suoi film memorabili?

Il viaggio più interessante nella

realizzazione di un film è stato

Pulp Fiction, Quentin era un regista nuovo, ispirato dai grandimaestri, ho percepito i suoi consigli come corretti, sofisticatie mi hanno consentito di essere libero nell’ interpretazione. A volte c’è la spinta a interferire ma se il regista fa ciò che deve fare e l’attore anche, non c’è interferenza ma simpatia e nel caso di questo film è stato così.

In cosa si sente diverso rispetto ai suoi primi film?

Il pubblico mi ha consentito di essere così diverso in ogni ruolo. Non avrei mai pensato di poter interpretare una donna, il presidente o il ruolo in The Fanatic.

Molti ruoli sono stati creati dagli sceneggiatori, io sono diventato la loro musa.

Visto che ha dichiarato di essere lei stesso un fan, quali sono i suoi miti?

Sono fan di Jim Cagney che sapeva ballare e cantare. Amo Sofia Loren. Fellini mi piaceva tantissimo. Poi i Beatles, poi alcuni musical come Cabaret e Funny Girl. Il padrino e Marlon Brando che ammiravo tantissimo, poi Liz Taylor. Non mi sento imbarazzato ad ammettere che amo certe persone o che ne ero pazzo. Amo Bertolucci penso che fosse un fantastico regista. Potrei andare avanti per ore sulle persone che adoro.

Rimorsi rispetto a ruoli che ha rifiutato?

Non mi sono mai dispiaciuto del “ieri” perchè la vita è oggi ma ho detto no a American Gigolò , Splash, Il miglio verde, Ufficiale Gentiluomo, questi sono tutti ruoli che non ho accettato per una ragione o per l’altra ma ho scelto altri ruoli che forse sono anche migliori.

Come sta vivendo questa nuova era cinematografica, fatta di remake o film di supereroi?

Sono molto felice di poter interpretare ancora quei ruoli che fanno parte della vecchia Hollywood, storie e ruoli da attore.

Non sono mai stato un tipo da film della Marvel, i miei figli si, quando ero piccolo guardavo Fellini, non parlate quindi con la persona giusta. Non è una critica ma la verità è che non è un cinema per me. Mi piacciono le storie, i personaggi,. Credo però che tutto l’intrattenimento sia valido se ha un effetto sulle persone, le ispira e le cambia.