Per capire quanto possa essere seria e preoccupante la situazione di crisi in Catalogna basta dare un’occhiata al calendario della Liga e accorgersi che stata rinviata la super- partita Barcellona- Real Madrid che si doveva tenere non questo fine settimana, ma addirittura il 26 ottobre.

La Federcalcio spagnola deve aver pensato che la prudenza non è mai troppa per il “Clasico” che si doveva tenere al Camp Nou di Barcellona, dato che tale sfida, oltre che a valere per l’olimpo del calcio, ha sempre avuto anche connotazioni simboliche e, di fatto, politiche.

E non basta: è stata anche chiusa la cattedrale della Sagrada Familia («Non è possibile garantire l'accesso al sito», è stato comunicato dalle autorità), dopo cinque giorni di scontri seguiti alle condanne ai leader indipendentisti che due anni fa indissero il referendum che sosteneva la secessione della Catalogna, lo fecero votare nonostante il divieto della Corte Costituzionale e proclamarono l’indipendenza della regione.

La sentenza è stata molto dura ma forse non quanto si potesse temere: le condanne sono arrivate anche a 13 anni, come per Oriol Junqueras, ma hanno escluso il tradimento che avrebbe di molto innalzato la pena. Il “proces” ha scatenato la rabbia dei catalani che hanno iniziato una serie di proteste, compresa una marcia dalle città della regione fino a convergere ieri su Barcellona, nel giorno in cui è stato realizzato uno sciopero generale paralizzando città e regione. In città, da giorni, al calar della sera si ripetono le manifestazioni che degenerano nella violenza con cassonetti e auto in fiamme e vetrine in frantumi, e la polizia è spesso dovuta intervenire con fermezza, seppur cercando di non far precipitare la situazione.

Nella notte sono almeno 18 i feriti e 19 gli arresti, secondo quanto riportato dalla stampa locale, che portano il bilancio totale di questi giorni (ma i dati definitivi della giornata di ieri ancora devono arrivare) a 97 persone arrestate dall'inizio delle proteste e 194 agenti dei Mossos d'Esquadra e della polizia nazionale rimasti feriti nei tafferugli. Duri scontri anche a Girona, l’altra città roccaforte dei secessionisti.

Il ministro degli Interni spagnolo Grande- Marlaska ha condannato duramente le violenze: «Durante questa settimana ci sono stati episodi di violenza da parte di gruppi minoritari ma ben organizzati. Le loro azioni non resteranno impunite».

Con l’arrivo delle cinque marce dei manifestanti si sono viste barricate, sono state interrotte diverse strade e sono state bloccate anche quella alla frontiera con la Francia, che è stata chiusa in entrambi i sensi. Problemi anche all’aeroporto, già teatro in settimana di manifestazioni e flash mob, dove si sono accumulati grandi ritardi e 46 voli in partenza sono stati annullati.

In occasione dello sciopero generale, il presidente catalano Quim Torra ha annunciato di voler indire un secondo referendum sull'indipendenza della regione entro due anni e parlando al parlamento catalano - pur condannando le manifestazioni violente e gli eccessi– ha promesso che «chiuderemo questa legislatura con l'indipendenza».

Intanto il suo predecessore Carles Puigdemont, rifugiatosi da due anni in Belgio, in seguito al nuovo ordine d'arresto europeo avanzato dal tribunale di Madrid si è consegnato volontariamente alle autorità belghe, che lo hanno poi rilasciato con misure restrittive (tra cui non lasciare il Belgio senza autorizzazione preventiva di un giudice). «Sono stato rilasciato senza cauzione, mi sono messo a disposizione della giustizia belga», ha detto il leader catalano, secondo quanto riporta El Mundo.

Interpellato sulle violenze scoppiate nelle strade della Catalogna, Puigdemont ha ricordato di essersi «sempre» espresso contro la violenza e per la soluzione politica del conflitto.