«La manovra è seria. Non racconta che gli asini volano». Pierluigi Bersani, poco dopo lok della Camera per soli tre voti, promuove la legge di bilancio nel suo inimitabile stile. Il problema è che, al contrario esatto, la manovra racconta proprio che gli asini volano. O meglio, fuor di metafora, che i 7 mld necessari per garantire le coperture, in aggiunta ai 14 mld di flessibilità richiesti all'Europa, arriveranno dal contrasto all'evasione fiscale. La battaglia, a quel che è dato di capire, sarà combattuta essenzialmente sul fronte della crociata contro il contante. La quale tuttavia, a prender per buone le assicurazioni del viceministro Misiani nelle aule del Senato o della Camera negli ultimi due giorni, non implicherà alcuna tassazione sul contante stesso. La Corte dei Conti e l'Ufficio parlamentare di bilancio, espressione diretta della commissione europea nel Parlamento italiano, nonostante l'ottima disposizione d'animo nei confronti del governo anti- Salvini, non ce l'hanno fatta a prendere per buone le garanzie del governo. Hanno segnalato che quella copertura è evanescente ma quasi come una sorta di atto dovuto, senza calcare neanche un po' la mano. In entrambe le camere i parlamentari di maggioranza nemmeno hanno sussurrato un dubbio: hanno finto di credere alla stratosferica cifra messa nero su bianco dalla Nota aggiuntiva al Def anche se, in privato, non se ne trova uno, fosse pure uno solo, disposto a confermare in privato quel che sostiene in pubblico. Sulle possibilità di coniugare la sterilizzazione totale dell'aumento dell'Iva con un intervento seriosul cuneo fiscale il vicedirettore di Bankitalia Signorini, di fronte alla commissione Finanze della Camera, è stato quasi tassativo: «La scelta di disattivate integralmente le clausole nel 2020 limita l'ammontare di risorse che possono essere dedicate all riduzione del cuneo fiscale sul lavoro ( 0,15% del Pil nel 2020, 0,3% nel 2021)». Neppure la Banca centrale, però, usa la mano pesante. Dubbi, precisazioni e distinguo vengono bisbigliati e non strillati, e i media, anche quelli che per altri versi non risparmiano critiche al nuovo governo, in materia di legge di bilancio glissano più di come non si può. Non è la sola pietra al collo della manovra. I famosi ' investimenti', quelli per la cui assenza il primo governo Conte fu messo all'indice in Italia in Europa e nel mondo, non ci sono. Il ministro Gualtieri insiste nel sostenere che la manovra ha comunque ' un segno espansivo' ma basta mettere cifre stanziate e misure in cantiere a confronto con le esigenze segnalate un anno fa, per concludere che si tratta, anche nella migliore delle ipotesi, di pannicelli caldi. La sterilizzazione parziale delle clausole Iva per l'anno prossimo è di dubbia efficacia. Non si può affatto escludere che, dopo il pietrone al collo dei 23 mld necessari quest'anno per evitare l'aumento arrivi anche quello persino più pesante, 28 mld, dell'anno prossimo. La manovra e la Nadef hanno un solo punto di forza, che tuttavia si rivelerà probabilmente decisivo, ed è un elemento tutto e solo politico, che con i conti non ha davvero nulla a che vedere. E' il fattore S. S come Salvini. S come Sovranismo. E' in nome dell'esigenza politica di sostenere un governo che non solo è amico ma è anche la diga contro la vittoria del sovranismo in un Paese fondatore dell'Unione e dunque contro il rischio di contagio, che il governo italiano spera di ottenere da Bruxelles un semaforo verde che mai sarebbe stato concesso a un altro governo o in altre circostanze. Quanto il calcolo sia fondato lo sapremo solo nelle prossime settimane e non è affatto escluso che lo sia. Anche perché l'Italia, in compenso, fa la sua parte senza limitarsi a tenere illupo Salvini fuori dalla porta. La manovra, a conti fatti, è la più allineata con il dettato europeo degli ultimi anni, come ha segnalato del resto proprio Banki- talia definendola «la più restrittiva dai tempi del governo Letta». Il ministro Gualtieri non l'ha pesa bene, ha replicato che invece è una manovra comunque espansiva. Nel qual caso bisognerebbe solo capovolgere la formula scelta dal Centro studi della Banca centrale: «E' la meno espansiva dai tempi del governo Letta». Ma soprattutto, rivolendosi all'aula del Senato, il viceministro Misiani ha assicurato due giorni fa che la vera riforma gialloverde che per Bruxelles era intollerabile, quota 100, non sarà rinnovata allo scadere del triennio.Dovrebbe bastare per concedere 14 mld di flessibilità, accettare un deficit al 2,2% e forse anche per fingere che i 7 mld indicati dal governo nella Nadef non siano una presa in giro.